Un’app di birdwatching aiuta a capire il cambiamento climatico
Di Anna Franchin, giornalista di Internazionale
È stato un appuntamento in spiaggia a trasformare Chris Michaud, anche se il merito non va alla spiaggia né all’appuntamento, ma a quello che ha visto quel giorno. Nell’estate del 2017 Michaud aveva deciso di andare con Gemma Cuclas, la ragazza che aveva cominciato a frequentare, sulla costa del New Hampshire, negli Stati Uniti, non lontano da dove entrambi vivevano. Prima di arrivare alla spiaggia Cuclas, che è ornitologa, aveva proposto di fare un po’ di birdwatching.
Nella palude hanno individuato aironi, un mignattaio e altre specie. Più tardi sono andati in spiaggia, come avevano detto, ma Michaud continuava a pensare agli avvistamenti. Questo momento, in gergo ornitologico, è chiamato spark, scintilla: la miccia che accende l’interesse di una persona e la sprona a diventare un birder, cioè un osservatore di uccelli.
Da allora Michaud è un patito e, come molti appassionati, usa spesso un’applicazione chiamata eBird. L’app è stata progettata nel 2002 dall’università Cornell di Ithaca o, meglio, dal Cornell lab of ornithology, che è considerato il miglior programma di studi sugli uccelli al mondo.
Insieme a Merlin, un’altra app del laboratorio, che aiuta a identificare le specie, eBird permette agli utenti di tracciare le osservazioni fatte e, in questo modo, di partecipare a un grande progetto di citizen science: raccogliere dati che saranno utili ai ricercatori non solo nel campo dell’ornitologia ma soprattutto per monitorare la salute del nostro pianeta, visto che gli uccelli sono sensibili alle fluttuazioni di temperatura e quindi sono un indicatore affidabile del cambiamento climatico.
I birder sono famosi per correre in massa nel luogo in cui è stato notato un esemplare, soprattutto se raro
Il programma ha un successo strepitoso: da quando è nato al dicembre 2021, ha coinvolto più di 720mila utenti (che sono quasi raddoppiati nel corso della pandemia) e ha ricevuto un miliardo di segnalazioni da tutto il mondo.
Alcuni hanno paragonato l’applicazione a Pokémon Go, il popolare videogioco basato sulla realtà aumentata che permette ai giocatori di usare la localizzazione gps per catturare e addestrare i personaggi Pokémon. Mentre ti sposti, sul cellulare ti appaiono diversi tipi di queste creature immaginarie, a seconda della tua posizione e dell’ora; l’idea alla base del gioco, che si scarica gratuitamente, è incoraggiare le persone a muoversi nel mondo reale per catturarne il maggior numero possibile. Anche gli utenti di eBird sono motivati a individuare più uccelli che riescono. Ma c’è una differenza, e non trascurabile: Pokémon Go prende gli enormi archivi di dati che ha preso dal gps dei giocatori e li vende ad altre aziende, i dati raccolti dal Cornell lab of ornithology invece sono resi pubblici e servono alla ricerca scientifica.
Essenzialmente, però, eBird è un social network: mette in contatto le persone tra loro e con gli uccelli. E come qualsiasi social, porta con sé dei problemi. Uno piuttosto serio sono le molestie, ai volatili. I birder sono famosi per correre in massa nel luogo in cui è stato notato un esemplare, soprattutto se raro. Guidano per ore; alcuni arrivano perfino in aereo. Questo fenomeno è chiamato twitching (che letteralmente vuol dire contorcersi, agitarsi) e Michaud lo conosce bene: anche lui, dice, è un “twitcher senza vergogna”.
Alla fine del 2020 non stava più con Cuclas, che lavorava proprio al Cornell lab, e ha approfittato dello smart working per trasferirsi in campagna, nel Maine. Un giorno, dalla scrivania, ha intravisto un piccolo uccello appollaiato in cima a un albero molto malandato. All’inizio ha pensato che fosse un’averla, soprannominata affettuosamente “uccello macellaio” per il modo in cui uccide i topi di campagna. Poi, però, ha guardato meglio… sembrava uno strano pettirosso, forse un esemplare giovane. È tornato alle sue riunioni su Zoom. Tuttavia, restava poco convinto. Così ha tirato fuori la macchina fotografica e ha scattato alcune foto.
Le immagini erano sgranate e sfocate, ma le ha inviate comunque a Cuclas, con cui era ancora in ottimi rapporti. Lei ha mostrato ai suoi colleghi del Cornell lab le foto di quello “strano pettirosso”. E loro non ci potevano credere: “Porca puttana, questo è un tordo sassello!”.
Si tratta di un uccello abbastanza comune in Europa e in Asia occidentale. Ma vederne uno a migliaia di chilometri di distanza da lì è un evento quasi unico (e non per forza da celebrare).
Michaud non voleva innescare una serie di eventi incontrollabili. Ha deciso di non registrare l’osservazione su eBird e ha contattato la commissione del Maine per le segnalazioni ornitologiche, che ha inviato alcuni dei suoi esperti. Dopo quasi cinque ore di ricerche, però, nessuna traccia del tordo.
Molti uccelli rari si perdono o fanno una brutta fine. Nel 2018, una poiana nera maggiore – un rapace che solitamente si trova in America centrale e meridionale – è stata avvistata per la prima volta in Texas. Pochi mesi dopo, è stata notata anche nel Maine. È diventata l’uccello più famoso dello stato, con tanto di scolaresche in visita per ammirarla, finché l’inverno gelido del nord le ha congelato le zampe e provocato altre ferite e ha costretto i veterinari a sopprimerla. A Portland ora c’è un monumento che la ricorda.
La storia di Chris Michaud, di Gemma Cuclas e di eBird è raccontata da Kevin Nguyen sul sito statunitense The Verge.
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