La caccia nell’epoca della transizione ecologica
La caccia ci aiuta a mantenere quel legame con la natura che molti di noi hanno dimenticato. Molti ecosistemi e di conseguenza molte specie selvatiche esistono anche grazie all’intervento dell’uomo sull’ambiente. Ogni nostra azione ha un’influenza sul grande sistema aperto che è il pianeta Terra. O accettiamo di farne parte o celebriamo la nostra estinzione, senza alcuna transizione.
Di Marco Tuti – Caccia Magazine / Oggi la maggioranza delle persone con una minima sensibilità nei confronti dell’ambiente, escludendo le frange più estremiste, preferisce mangiare, a parità di prezzo, un prosciutto di maiale allevato allo stato brado anziché uno allevato in un capannone. Allora perché, nonostante questo, si fa fatica a giustificare l’uccisione di un cinghiale selvatico, la cui vita è stata meno impattante sull’ambiente?
C’è una separazione sempre più netta tra ciò che viene considerato artificiale e ciò che si considera incontaminato, tra antropico e selvaggio, tra urbano e rurale, tra uomo e natura. Una separazione che porta a pensare che la natura vada preservata da qualsiasi attività umana. Ci è concessa solo l’osservazione, meglio ancora se attraverso lo schermo della televisione, la cui costruzione, però, impatta comunque su natura e ambiente.
Così, di fronte al bancone di un supermercato si dimentica che cosa viene prima del processo di impacchettamento di quegli ammassi di proteine privati del pelo, della pelle, del sangue e degli occhi, e facilmente si punta il dito soltanto contro quello che ci appare più diretto. E che cos’è più diretto dell’uccidere con la propria arma un animale?
Raccontare la caccia oggi
La caccia non può essere considerata né uno sport, né un passatempo. La caccia è utilizzo di risorse naturali rinnovabili, regolamentato al fine di garantire la sostenibilità tra prelievo e conservazione delle specie animali. Insieme a questo ci sono sicuramente l’aspetto ludico e l’aspetto sportivo, inteso come esercizio salutare per il corpo, ma non possono essere queste le giustificazioni da usare oggi per difendere la caccia.
Chi non pratica l’attività venatoria fa molta fatica a capire come ci si possa “divertire” a uccidere un animale. Questo è un aspetto legato all’impiego della carne come fonte alimentare primaria fin dall’epoca in cui eravamo semplici cacciatori-raccoglitori. Il divertimento derivante dalla cattura di una preda non è altro che un rilascio di ormoni (adrenalina, noradrenalina, dopamina) stimolato dalla nostra indole predatoria, evoluta in milioni di anni e radicata nei tratti del nostro Ancient Dna. Non sono comunque istinti che oggi appartengono a tutti allo stesso modo e dunque non sono argomenti facilmente condivisibili.
Quello che però tutti possono capire è il perché si possa preferire uccidere e mangiare carne di un animale selvatico invece che quella di uno allevato (soprattutto quando si parla di allevamento intensivo) e il ruolo che la caccia ha nella conservazione della fauna selvatica.
Caccia e tutela della fauna
Un animale selvatico, fino al momento della morte, vive in libertà e compie il suo ciclo biologico con la garanzia del più grande benessere di cui possa godere. La sua crescita, inoltre, non impatta sull’ambiente naturale, poiché esso non necessita di mangimi industriali e non inquina con i suoi reflui l’ecosistema circostante.
L’attività venatoria, inoltre, non prevede alcuna trasformazione dell’ecosistema a discapito degli habitat naturali, anzi, semmai interviene con miglioramenti laddove ci sia un piano di ripristino ambientale. E non costringe in alcun modo gli animali a modificare in parte o del tutto il proprio comportamento, confinandoli o impedendogli di riprodursi o di accudire la prole. La direttiva europea vieta la caccia nei periodi di riproduzione e di dipendenza della prole dai genitori.
E l’arma che uccide, il fucile, non è altro che il risultato del processo di efficientamento della lancia e dell’arco. Rispetto a questo mezzi riduce senza dubbio la probabilità di ferimento e di conseguenza la possibile sofferenza degli animali.
Infine, un animale selvatico offre una carne molto saporita e salubre, priva di antibiotici, ormoni e altre sostanze chimiche.
La conservazione delle specie cacciabili
Tutto questo pone come fondamento la conservazione delle specie cacciabili. E sono cacciabili le specie in buono stato di salute, ampiamente diffuse e con popolazioni stabili. Va precisato, infatti, che la direttiva europea impedisce anche a tutti gli Stati membri di cacciare specie classificate come “vulnerabili” o “in pericolo”.
Pensiamo a una popolazione animale vitale come fosse un albero. Se tagliamo un ramo, l’albero non muore. Se ne tagliamo alcuni secondo un criterio ben preciso, applichiamo una potatura che rende la pianta più vigorosa e produttiva. È grazie al fatto che la pianta produce frutti che noi mangiamo, che ci adoperiamo a potarla, a concimarla e, soprattutto, a diffonderla nel territorio piantandola in nuovi spazi.
Il ruolo ecologico della predazione
Lo stesso vale per gli animali. Le specie animali genericamente definite erbivore si sono evolute insieme a quelle dei loro predatori, regolando la propria struttura demografica grazie a essi. Il ruolo ecologico della predazione è proprio quello di contenere le popolazioni delle specie preda affinché non superino quella che viene definita capacità portante dell’ecosistema, ossia affinché non arrechino, a causa della loro eccessiva abbondanza, un danno irreversibile all’ambiente in cui vivono.
L’uomo, inoltre, aiuta le specie in difficoltà migliorando l’ambiente in cui vivono, contenendo le specie antagoniste, effettuando ripopolamenti o reintroduzioni laddove la specie è in declino, studiando le dinamiche delle popolazioni attraverso progetti di ricerca.
Senza utilizzo non c’è tutela
È necessario uccidere per preservare? È utilizzando le risorse che poniamo l’interesse sulla loro conservazione. Senza utilizzo, non c’è tutela, ma solo abbandono e degrado.
Poter uccidere un animale significa senza dubbio essergli grato e impegnarsi affinché quella risorsa, che ci dona la vita, possa perpetuarsi nel tempo. L’abbondanza e la prosperità delle specie cacciabili è infatti il desiderio di ogni cacciatore/predatore per poter proseguire ad andare a caccia.
Va sottolineato, infatti, come ci siano moltissime iniziative del comparto venatorio volte a promuovere studi di ricerca sulla fauna selvatica, reintroduzione o ripopolamento di specie oggetto di prelievo venatorio, contenimento di specie invasive e opportunistiche, ripristino e miglioramento degli habitat. Non mi riferisco ovviamente ai lanci pronta caccia fatti per accontentare qualche cacciatore all’apertura, ma a progetti seri, in collaborazione con associazioni ambientaliste, amministrazioni pubbliche, enti pubblici, Ispra, università.
La caccia, in modo apparentemente paradossale, pone l’attenzione su specie che sarebbero altrimenti dimenticate, poiché prive di altro interesse, garantendone la tutela e la conservazione. I cacciatori, primi fruitori e utilizzatori della selvaggina, si impegnano da sempre alla cura del territorio affinché questo sia più ricettivo possibile.
Un esempio tra i tanti è la creazione dei laghi da caccia, dove sostano e nidificano migliaia di uccelli, anche non oggetto di caccia. Ecosistemi mantenuti dai cacciatori dove prosperano forme di vita legate all’elemento acqua, la cui presenza viene assicurata dall’uomo per tutto l’arco dell’anno. L’uso di una risorsa rinnovabile è l’assicurazione più importante per garantirne la sua conservazione. Dove e quando questi laghi sono stati trasformati in aree protette non sempre l’ecosistema ne ha beneficiato, degradandosi e perdendo molta della sua originaria biodiversità.
Caccia e natura
Ecco come, alla fine, la caccia ci aiuta a mantenere quel legame con la natura che molti di noi hanno dimenticato. Molti paesaggi, molti ecosistemi e di conseguenza molte specie selvatiche esistono anche grazie all’intervento dell’uomo sull’ambiente. Anche noi facciamo parte della natura e alzare ulteriormente quel muro apparente che ci divide non farà altro che allontanarci sempre più da quel mondo rurale di cui abbiamo fatto parte fino a ieri. Pensare di difendere la natura impedendo anche solo di toccarla con un dito non farà altro che fare del male a noi e a lei.
La carne che offre un animale cacciato ucciso in forma diretta, consapevole, regolata, non si maschera dell’illusione che un piatto di cereali non abbia invece alcun impatto sulle specie viventi. Un campo coltivato modifica un ambiente sottraendo l’habitat di molte specie e di quelle che da esse dipendono, animali compresi.
Avete mai visto arare un campo? Avete notato quanti piccoli mammiferi, rettili, anfibi, insetti (e loro larve) perdono la vita? E avete notato come un attimo dopo si presentano puntuali molti uccelli a banchettare? Ogni nostra azione, anche se relegata all’interno delle mura cittadine, ha un’influenza sul grande sistema aperto che è il pianeta Terra. O accettiamo di farne parte o celebriamo la nostra estinzione, senza alcuna transizione…