Piemonte: Consiglio aperto sulla peste suina
articolo – Si è svolta la prima parte della seduta aperta del Consiglio regionale, richiesta da Confagicoltura con l’appoggio delle altre Organizzazioni di categoria e dei Gruppi consiliari di Opposizione: si sono confrontati nell’Aula di Palazzo Lascaris il mondo della politica nazionale, regionale e locale con tutti gli altri soggetti interessati, a partire dal comparto scientifico.
Nelle zone del Piemonte interessate dalla peste suina africana (Psa), si sono dovute interrompere diverse attività all’aria aperta nei territori interessati dall’infezione; l’emergenza sta creando un pesante danno economico che interessa non solo le aziende agricole, ma l’intero comparto della filiera suinicola: 1400 imprese coinvolte, vale a dire l’1,5 del Pil e che solo per l’esportazione ammonta a 1,7 miliardi di euro. Nella zona rossa tra Piemonte e Liguria, dalla fine di novembre i casi accertati sono 172, di cui 112 in Provincia di Alessandria.
Nei vari interventi, aperti con i saluti istituzionali del presidente dell’Assemblea legislativa Stefano Allasia, è stata denunciata una situazione ancora più grave, quella relativa ai danni in agricoltura con i campi devastati e la mancanza di sicurezza sulle strade, con incidenti mortali provocati dai cinghiali e dalla fauna selvatica.
Ad aprire la seduta era stato il vicepresidente della Giunta regionale Fabio Carosso, delegato al coordinamento della gestione della Psa. Dopo aver ripercorso tutte le misure finora assunte per risolvere il problema, ha affermato che “oggi la situazione dell’infezione presenta un’espansione contenuta grazie alla preesistente barriera costituita dalla rete autostradale A26-A7 e alle tempestive misure di contenimento adottate, ma non possiamo tuttavia permetterci di allentare la guardia”; ha poi anticipato che “a giorni verrà varato il piano definitivo di interventi urgenti per il depopolamento e l’eradicazione della malattia che, in combinazione con l’innalzamento delle barriere, speriamo possa dare in breve tempo risultati tangibili”.
Per l’assessore all’Agricoltura e Caccia Marco Protopapa, “il problema è accertato ma non è facile da gestire in presenza di leggi obsolete nel campo della biosicurezza. Si poteva intervenire con la caccia programmata, che porta risultati, ma si è dovuto interrompere per decisione delle circolari ministeriali. Il fatto che alcune Province abbiano a disposizione guardie venatorie, mentre altre no, crea difficoltà per le azioni di contenimento”.
“Per contenere l’epidemia, che non ha alcun impatto sulla salute pubblica, ma ha ricadute sull’economia e sull’immagine della nostra Regione, uno dei primi e più importanti interventi che abbiamo messo in atto è stato quello di abbattere tutti i suini presenti nella zona infetta, circa 7 mila capi, per evitare che il contagio potesse passare dai cinghiali ai suini. Sempre in linea con le indicazioni nazionali e internazionali, siamo intervenuti sulla biosicurezza degli allevamenti, predisponendo nuove misure e incrementato i controlli dei servizi veterinari delle Asl. Oggi la questione sanitaria, in Piemonte, è sotto controllo e ci auguriamo che i piani attuati a livello locale e nazionale possano portare all’eliminazione di ogni forma di rischio” ha affermato l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi.
Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha aggiunto che “ci stiamo muovendo nel rispetto delle indicazioni tecniche che arrivano dall’Europa e che sono tarate sull’esperienza di altri Paesi che hanno contenuto o risolto il problema con le reti, che sembrano essere l’unico strumento reale per proteggere dalla diffusione del virus. Dobbiamo garantire l’interesse economico di un comparto fondamentale della nostra economia, ma anche affrontare in modo diverso il tema della fauna selvatica, problema non più solo agricolo per quanto grave per i danni che provoca, ma anche di sicurezza pubblica. Ma fare di più non è possibile se non cambiano le norme nazionali sui limiti agli abbattimenti straordinari, talmente vincolati da risultare inefficaci. Non stiamo parlando di caccia ma di ordine pubblico, eppure senza leggi chiare che permettano interventi chiari il problema non lo risolveremo mai. La fauna selvatica, dice la legge, è patrimonio indisponibile dello Stato: così stando le cose è lo Stato che deve occuparsene e noi siamo con le mani legate”.
Per il sottosegretario alla Salute Andrea Costa è indispensabile una forte coesione sui territori, coinvolgendo la popolazione. Ha annunciato la ripartizione di un fondo di 15 milioni di euro per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza degli allevamenti suinicoli in favore di cinque Regioni. Il Piemonte è la Regione che intercetta la maggiore quota di risorse finanziarie, pari a 8,6 milioni.
L’europarlamentare Alessandro Panza ha ricordato come le zone colpite in Europa dal 2014 ad oggi si siano difese con le barriere. Lo stanziamento dell’Ue per il contrasto alla la peste suina è di 275 milioni di euro.
Enrico Allasia, presidente regionale di Confagricoltura, ha chiesto di intensificare le misure di contenimento dei selvatici per procedere immediatamente all’abbattimento dei cinghiali in sovrannumero. Ha inoltre manifestato la forte sofferenza del comparto agricolo e di trasformazione delle carni, causato da tale emergenza.
Angelo Ferrari, commissario straordinario interregionale per la gestione dell’emergenza Psa, si è soffermato sulla necessità di evitare la trasmissione della malattia dai selvatici ai suini, lavorando sulla ricerca e sull’analisi delle carcasse. Circa la costruzione delle recinzioni, ha spiegato che i lotti sono sette, dei quali quattro già cantierizzati: i lavori dovrebbero terminare entro il prossimo 20 agosto.
Il veterinario Giorgio Sapino, commissario per l’emergenza nella Provincia di Alessandria, ha esposto il problema economico anche per la gestione delle carcasse sul territorio. Ha poi ricordato che sono stati organizzati diversi corsi di biosicurezza per la gestione della Psa.
Secondo Daniela Ferrando, presidente di Confederazione italiana agricoltori di Alessandria, questa emergenza era già stata drammaticamente preannunciata, per il proliferare indisturbato dei cinghiali e per l’assenza di una legge adeguata di gestione della fauna selvatica.
Per Domenico Bergero, direttore del Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Torino, “con il Covid stiamo imparando a convivere, con la Peste suina no, va eradicata perché pericolosa, creando cuscinetti di sicurezza”.
L’Alessandrino è stato suddiviso in quattro zone. Il presidente della Provincia di Alessandria Enrico Bussalino ha comunicato l’abbattimento di 623 cinghiali al 14 luglio. La stessa Provincia si è concentrata sugli interventi di contenimento.
Per Marco Curto, vicepresidente Anci Piemonte, l’infezione è un tema caldo: “abbiamo chiesto al Governo di intervenire tempestivamente sulla gestione della fauna selvatica proponendo di non rendere vane le ordinanze di abbattimento firmate dai sindaci”.
“Ribadiamo quanto già da tempo affermato: la gestione del problema dei cinghiali deve escludere la componente venatoria, in quanto coinvolta da conflitti di interesse” ha rimarcato Rosalba Nattero, rappresentante del Tavolo Animali e Ambiente.
Alfredo Monaco, presidente regionale Italcaccia, si è detto convinto che la riduzione degli esemplari è la soluzione al problema e che il divieto venatorio aumenta il danno all’agricoltura.
Gabriella Semeraro della Segreteria regionale della Cgil, ha chiesto quali interventi straordinari di prevenzione la Regione intenda mettere in atto e come intenda informare i cittadini sui motivi delle restrizioni.
Ha chiuso lo spazio dedicato ai portatori d’interessi il presidente di Coldiretti Alessandria Mauro Bianco, che ha parlato di forti danni alle culture e di congruità dei risarcimenti.
Seguiranno gli interventi dei Consiglieri regionali.