Coldiretti e armieri puntano sulle doppiette per rilanciare il turismo
Protestano le associazioni animaliste e una parte del mondo venatorio
Il turismo si sta riaffacciando in Italia dopo i due anni saltati causa Covid. Con cautela. Il virus ha assunto una forma più leggera negli effetti e più vivace nel passaggio da un cliente all’altro: abbiamo deciso – almeno per ora – che accettiamo questa variante come normalità quotidiana. Ma il fragore delle armi in Ucraina ha tagliato via una quota dei tradizionali visitatori che vengono da est. Sembrerebbe che il tuonare dei cannoni non porti bene a osti e albergatori (oltre che ai diretti bersagli dei suddetti cannoni). Eppure in Italia c’è chi, a sorpresa, propone l’inedita alleanza tra armi e turismo.
A palazzo Rospigliosi, prestigiosa sede della Coldiretti proprio di fronte al Quirinale, domani si celebra il matrimonio tra agricoltura, caccia e produzione di armi. Un’alleanza in cui ogni parte trarrà un vantaggio: più armi vendute, più prede abbattute nelle riserve venatorie, più animali sottovuoto da vendere come cibo.
La nuova associazione è promossa da Coldiretti che ne nomina il presidente e ha, tra i soci, il Cncn (Comitato nazionale caccia e natura) presieduto da Maurizio Zipponi, un politico dal percorso animato. Eletto in Parlamento nel 2006 con Rifondazione comunista, nel 2009 si candida alle europee come indipendente nelle liste dell’Italia dei valori ma non viene eletto. A fine 2013 assume per la Beretta il compito di creare un’alleanza tra il mondo ambientalista, quello agricolo e quello venatorio.
“È in atto un tentativo sempre più forte di fare della fauna – patrimonio indisponibile dello Stato secondo la legge quadro – un business privatistico sul territorio”, accusa l’Enpa (Ente nazionale per la protezione degli animali). “Mentre l’agricoltura è presa nella morsa di una spaventosa siccità, mentre l’acqua diviene una risorsa sempre più scarsa e preziosa, sorprende che la più grande associazione degli agricoltori, Coldiretti, si rivolga al mondo delle armi e a un modello che ancora una volta rappresenta un attacco agli animali. In nome del turismo venatorio, infatti, invece di chiudere per sempre la triste pagina dei ripopolamenti, tanto discussi sotto ogni aspetto e causa anche dell’inquinamento genetico delle popolazioni naturali, aumenteranno sempre più i fagiani di allevamento pronta – caccia, quelli che vanno incontro all’umano in attesa del becchime e vengono invece accolti a fucilate”.
Opposta la versione della Coldiretti. Per Stefano Masini, responsabile Ambiente dell’associazione agricola, si tratta di “valorizzare una rete di imprese legate al prelievo venatorio, al turismo, ai centri di allevamento della fauna selvatica. È una maniera per assicurare a quelle aree manutenzione e presidio economico anche in relazione alla nuova Politica agricola comunitaria”.
Non c’è il rischio che si ripetano gli errori che hanno portato, attraverso l’introduzione di cinghiali oriundi per avere più bersagli a disposizione delle doppiette, alla moltiplicazione di questi animali che sono diventati un serio problema per gli agricoltori? “Riconosciamo che il corporativismo venatorio in alcuni casi ha portato frutti avvelenati, ma adesso vogliamo fare esattamente il contrario: puntiamo a una corretta gestione del territorio che possa dare ricadute positive anche in termini di conservazione della natura”, risponde Masini. I modelli citati da Coldiretti sono l’azienda agrifaunistica del principe Odescalchi e quella del marchese Sacchetti che organizza il ciclo agricolo in modo da risultare attraente per le quaglie, a loro volta attraenti per i cani da addestrare alla caccia alle quaglie: una perfetta chiusura del cerchio.
E anche una proposta che crea una spaccatura all’interno del mondo venatorio e agricolo. Confagricoltura non ci sta. E l’Arci Caccia attacca: “In un mondo venatorio in diminuzione di praticanti, le associazioni che sono nel direttivo di Una formano una comunità con circa 300mila soci. Servono a questa comunità nuove, ulteriori fabbriche di polli colorati e di cinghiali allevati?”. articolo