Siccità, gli ambientalisti chiedono lo stop della caccia. Quando la coerenza è un Hobby…
Le variazioni climatiche e idriche possono condizionare il successo riproduttivo e aumentare la mortalità degli individui giovani e adulti, rendendo i soggetti più vulnerabili e maggiormente esposti a malattie e predazione.
La Regione Marche sta vivendo una delle più drammatiche crisi idriche degli ultimi decenni così tutta l’Italia al punto che numerose Regioni hanno già richiesto lo stato di emergenza per il territorio regionale e lo stato di calamità per l’agricoltura. Le temperature torride e la mancanza di precipitazioni hanno causato una drastica riduzione della portata dei corsi d’acqua e il prosciugamento di molte zone umide, causando danni gravissimi non solo al comparto agricolo, ma anche alla fauna selvatica del nostro Paese. Questa drammatica situazione che si trascina da molto tempo ha determinato un sicuro pregiudizio per la conservazione delle popolazioni selvatiche, inducendo effetti negativi sulle dinamiche di molte specie, che già versano in situazioni critiche anche per altri fattori. Le variazioni climatiche e idriche possono condizionare il successo riproduttivo e aumentare la mortalità degli individui giovani e adulti, rendendo i soggetti più vulnerabili e maggiormente esposti a malattie e predazione.
«Per quanto concerne gli ecosistemi acquatici, le temperature elevate e la siccità determinano la perdita o forte limitazione dei livelli idrici di zone umide, stagni e invasi, favorendo tra l’altro l’insorgenza di estesi fenomeni di anossia, con conseguente alterazione delle reti trofiche esistenti e parziale o totale collasso delle biocenosi. Allo stesso tempo, con il perdurare della crisi idrica molti ambienti palustri nel corso dell’estate tendono a seccare, riducendo il successo riproduttivo delle specie che nidificano più tardivamente e costringendo gli uccelli a concentrarsi nelle poche aree che rimangono allagate. In un tale contesto, inoltre, l’impatto antropico sugli ecosistemi acquatici risulta ancora più incisivo: le già ridotte risorse idriche naturali vengono infatti sfruttate con maggiore intensità, per far fronte alle crescenti richieste per usi civili, agricoli e industriali. Al tempo stesso, le sostanze inquinanti derivanti dalle attività agricole, industriali e civili tendono a concentrarsi con maggiori impatti sugli ecosistemi acquatici» scrive l’Alleanza della Associazioni Ambientaliste Marchigiane di: Club Alpino Italiano, ENPA, Federazione Pro Natura, Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra, Lega Abolizione Caccia, Lega Anti Vivisezione, Legambiente, Lipu, Lupus in Fabula, Salviamo il Paesaggio, WWF.
«Già lo scorso anno, in occasione della persistente siccità e dei numerosi incendi che hanno interessato numerose regioni, l’ISPRA aveva segnalato l’inopportunità di avviare pratiche venatorie particolarmente impattanti sulle popolazioni selvatiche, come l’addestramento e allenamento dei cani da caccia, la caccia da appostamento, la caccia agli uccelli acquatici, sollecitando un posticipo dell’apertura della stagione venatoria. È inoltre opportuno sottolineare come, anche nel caso di miglioramento delle condizioni climatiche nelle prossime settimane, la maggior parte dei danni sia ormai già avvenuta e risulti irreversibile: ci si riferisce in particolare, ma non solo, al ridotto successo riproduttivo di numerose specie. Non va poi dimenticato che la siccità influenzerà anche la disponibilità trofica autunnale, incidendo negativamente, per una carenza di cibo che si annuncia già drammatica, anche sulla prossima migrazione degli uccelli coincidente con la stagione di caccia. L’invito dell’ISPRA è quindi chiaro: in applicazione del comma 1, art. 19 della Legge 157/1992, laddove si dispone che “le Regioni possano vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all’articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamià».
Le richieste
- Sospensione immediata di tutte le attività in atto di “controllo” dei cinghiali e degli altri ungulati (caprioli, daini, cervi ecc…).
- Sospensione immediata dell’addestramento ed allenamento dei cani da caccia – L’addestramento e l’allenamento dei cani comportano uno stress aggiuntivo per le popolazioni di fauna stanziale, particolarmente nel caso dei Galliformi, dei Lagomorfi e degli Ungulati e possono quindi indurre una mortalità non trascurabile.
- Sospensione della apertura anticipata della caccia a qualsiasi specie.
- Sospensione della Caccia da appostamento, sino a quando continuerà il deficit idrico si ritiene opportuno venga previsto il divieto di caccia da appostamento, che potrebbe determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata.
- Sospensione della caccia agli uccelli acquatici. La riduzione dell’estensione delle aree umide con caratteristiche idonee ad ospitare l’avifauna acquatica dovrebbe indurre a particolare cautela.
- Sospensione degli abbattimenti alle specie che sono già considerate in cattivo stato di conservazione e/o che sono addirittura classificate come SPEC1, ovvero minacciate a livello globale.
- Blocco dei ripopolamenti fino a data da destinarsi, per non sottrarre importanti risorse trofiche alla fauna già presente. articolo