Emergenza peste suina, nel Lazio almeno 37 mila cinghiali da abbattere

di Maria Egizia Fiaschetti

Insufficienti i prelievi selettivi, verranno coinvolti anche i cacciatori. Ignota la diffusione tra i suini, per ora unico caso in Italia. Il commissario straordinario, Angelo Ferrari: «Stiamo facendo tutte le valutazioni, forse è dipeso dall’area limitata ad alta densità»

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Sono oltre 37 mila i cinghiali che devono essere abbattuti nel Lazio, in proporzione il 50 per cento in più calcolato sui numeri attuali secondo le indicazioni del commissario straordinario all’emergenza peste suina, Angelo Ferrari. Gli interventi che partiranno venerdì prossimo – 400 prelievi di selezione in un mese all’interno e fuori dalle aree naturali protette – sono l’obiettivo minimo, a fronte di una popolazione stimata tra gli 80 e i 100 mila capi nel Lazio. Nella stagione venatoria 2021-22 gli abbattimenti sono stati 24.741: 21.351 in braccata, 1.470 in girata, 1.251 nelle zone bianche, 669 (dato parziale) da selezione.

La provincia con il tasso più alto è Viterbo (8.145), seguita da Roma (5.460), Rieti (4.622), Frosinone (4.419) e Latina (2.095). Se invece del calcolo proporzionale (più 50 per cento tarato sugli abbattimenti effettuati) si puntasse al raddoppio, si arriverebbe a 50 mila: la forbice dipende dai criteri che la Regione adotterà nel proprio piano di eradicazione. Le cifre sono in linea con quanto è già stato programmato da altre regioni colpite dalla peste suina come il Piemonte, dove si passerà dai 28 mila abbattimenti dell’anno scorso a una cifra intorno ai 40 mila. Nel Lazio non basteranno i selettori, si dovranno coinvolgere anche i cacciatori con i quali si è già aperto un confronto. Uno dei nodi consiste nell’utilizzo dei cani, che muovendosi sul terreno contaminato potrebbero trasportare il virus. E però, la struttura commissariale starebbe già pensando a come minimizzare i rischi. Nel frattempo, servirebbero misure idonee a favorire l’incremento dei prelievi selettivi: «È necessario aumentare lo sforzo di caccia, i mesi e gli orari – sottolinea Fioravante Serrani, responsabile della caccia di selezione al cinghiale per le province di Roma e Frosinone, che collabora con otto Atc (Ambiti territoriali di caccia) su dieci – per essere operativi anche dopo il tramonto con i visori notturni e intensificare così l’attività di depopolamento».

Tra le misure di contenimento, il commissario straordinario ribadisce l’importanza di chiudere al più presto tutti i varchi lungo il Raccordo, per garantire la tenuta del doppio cuscinetto sanitario (per i cinghiali e i suini) ed evitare che l’infezione si propaghi ulteriormente. Resta da capire perché il Lazio sia l’unica regione italiana dove si è verificata la trasmissione dalla specie selvatica ai maiali: «Stiamo facendo tutte le valutazioni per comprendere cosa sia successo – spiega Ferrari -, probabilmente l’alta concentrazione del virus è riconducibile al contesto: un’area piccola, di 60 chilometri quadrati, può aver favorito la maggiore densità e una circolazione più sostenuta del patogeno».

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