E’ tempo di tordi
L’ultimo mese della stagione venatoria vede come protagonisti delle giornate di caccia i tordi. Questi migratori frequentano assiduamente il territorio Sardo, anche se non più numerosi come un tempo quando i carnieri che erano formati da numeri a tre cifre. A quei tempi si andava a caccia con i figli cui veniva affidato l’importante compito della raccolta dei tordi o quello dello scaccio negli uliveti effettuato a mani nude o con “Sa Matracca”. Chi ha avuto la fortuna di vivere quelle giornate porta in se indelebili fotogrammi di scene cariche di emozioni. A quei tempi ci si poteva anche permettere di scegliere il tordo più comodo da tirare e gli zaini, che partivano colmi di cartucce, rientravano carichi di tordi.
I continentali seguaci di Diana ci invidiavano la fortuna di vivere nella nostra terra, raccontando di passi strepitosi e di favolosi carnieri e del magico triangolo delle tre “S”,Sorso-Sennori-Sassari, dove la conformazione del posto era caratterizzata da immensi uliveti e canaloni di olivastro selvatico degradanti verso la lunga fascia di pineta che dettava il confine tra l’ambiente marino e quello collinare. Ma anche le altre zone non erano da meno e con questo tipo di caccia ci si divertiva un po’ dappertutto. I nuclei familiari si ritrovavano riuniti attorno al focolaio sfavillante a spennare i tordi per preparare dei lunghi spiedi arricchiti da tocchetti di guanciale intervallati da spicchi di pane. Ripensando alle grandi annate di tordi credo che l’ultima annata favorevole per numeri sia stata quella a cavallo tra il 1989 e il 1990.
Successivamente la frequentazione e’ andata scemando soprattutto per il cambio di passo dettato dalle condizioni climatiche avverse. Infatti, in periodi in cui avrebbe dovuto far freddo e tirare il vento freddo del nord invece risultavano caratterizzati da un clima mite con temperature primaverili. Ma a dettare questo cambiamento nelle abitudini dei tordi ha contribuito senz’altro anche la notevole trasformazione subita dall’habitat: i canali di mirto e cisto sono stati eliminati per far spazio a lotti urbanizzati. Per quanto tali avvenimenti abbiano notevolmente ridotto la quantità di tordi in ogni caso questa tipologia di caccia anche attualmente regala divertimento e molte soddisfazioni. Se non abbiamo la fortuna di vivere in zone ricche di hot spot ideali per i tordi dobbiamo affrontare una transumanza più o meno lunga verso le zone dove si radunano per cibarsi seguendo una dieta ipercalorica che consenta loro di mettere su riserve di grasso indispensabili per affrontare al meglio il lungo viaggio di ritorno verso i luoghi di nidificazione. Giunti sul posto prescelto, se le poste non son già note, bisognerà impostarsi sulla traiettoria che il tordo segue dal posto in cui dorme a quello in cui pastura. Il vento può modificare questa traiettoria di giornata in giornata, quindi occorrerà verificare lo spollo che inizia prima dell’alba.
I calibri sono i classici utilizzati per le altre cacce anche se il calibro 20, per la sua maneggevolezza e leggerezza dettata dal minor peso dell’arma, esprime al meglio le sue qualità ed in questi ultimi anni è stato riscoperto da tantissimi cacciatori. Per quanto riguarda la scelta del fucile tutti i modelli vanno bene anche se il semiautomatico, per la capacità dei suoi tre colpi, è da preferire. Le cartucce indicate per questo selvatico cacciando alla posta variano dalla numerazione del 9 a quello del 11. Quest’ultima numerazione è utilizzata da pochi ma in realtà, avendo un numero maggiore di pallini, risulta essere maggiormente efficace grazie ad una rosata più ampia. La grammatura va dai 30 grammi ai 32, per questo piccolo selvatico non occorrono grammature alte, come non servono elevate dosi di polvere: una cartuccia con fondello tipo 1 o tipo 2 sono più che sufficienti. Qualora invece si preferisca cacciare effettuando lo scaccio, poiché i tiri che si effettuano non sono tiri lunghi, sarà preferibile utilizzare del piombo 9.1\2 con borra bior per consentire una rosata ampia a media distanza. In commercio ce ne sono di diverse marche, sta a noi individuare quella con un tempo più consono al nostro modo di sparare ed il giusto rapporto qualità- prezzo. Ma lasciamo la parte teorica per dedicarci al racconto di una mattinata di caccia dedicata al protagonista di quest’articolo, trascorsa insieme a Marco Loi, in veste di reporter, ed al mio inseparabile ausiliare amico di tante avventure.
Una fredda ed uggiosa domenica di dicembre ci siamo dati appuntamento al bivio di Macomer per poi proseguire insieme in direzione di San Leonardo di Siete Fuente il cui nome deriva dalla presenza di sette fontane immerse nella pace di un bosco di lecci e querce. Subito dopo aver attraversato la frazione di Santu Lussurgiu imbocchiamo a sinistra una strada che dopo quasi due chilometri diviene sterrata ed ai bordi presenta lunghi filari di more selvatiche frequentati assiduamente da merli e storni. Parcheggiamo la macchina ed attendiamo che l’alba intensifichi la luce sulla campagna che si accinge al risveglio. Mentre illustro a Marco la conformazione boschiva del territorio che discende verso la pianura con distese di olivastri secolari, notiamo entrambi il fascinoso battito d’ali di sua maestà la beccaccia che rientra verso il bosco lasciandosi alle spalle il pascolo notturno. Commentando il fascino di questo selvatico, prepariamo l’attrezzatura e ci incamminiamo verso la posta che si trova ai bordi di un tancato che fa’ da confine tra il bosco e gli uliveti. Giunti alla posta costituita dai rami sempre verdi di corbezzolo, mentre marco cerca l’angolatura migliore per scattare qualche foto, io preparo le cartucce denominate dalla fabbrica produttrice “Stermino”… chissà se il nome sarà davvero sinonimo di poche padelle! Finalmente pronti per l’apertura delle danze fisso i primi movimenti dei tordi che sfrecciano dal bosco verso gli uliveti. Anche se per ora sono un po’ troppo fuori gittata, il costante movimento fa ben sperare. Qualche collega cacciatore, posizionato più in basso rispetto a noi, ha già inaugurato la giornata con repentine scariche di fucile. Finalmente ecco puntar verso di noi il volo inconfondibile, caratterizzato da tre battiti d’ali intervallati da una pausa, di due tordi. Seguo attentamente il loro sfilare fino al momento propizio per esplodere le fucilate del calibro 20, che si rivelano precise abbattendo entrambi. Mentre seguiamo il cane impegnato nella cerca e nel riporto, Marco mi fa notare che l’eco delle fucilate ha mosso dal bosco dei colombacci che puntano ignari verso di noi. Faccio appena in tempo a caricare nel fucile del piombo numero sei e sono già sopra di noi, dandoci leggermente il fianco destro. L’azione si rivela proficua, ma ciò che mi ha dato più’ soddisfazione non e’stata la tripletta ma il fatto che Marco ha fissato in un fotogramma l’attimo in cui le rosate si abbattevano sui tre colombacci in volo. La giornata di caccia continua, i tordi passano di punta, di fianco, bassi ed alti intervallati dal passaggio di merli e storni. I tordi che raccogliamo si presentano belli grassi, evidentemente hanno trovato abbondanti bacche di corbezzolo ed olivastro selvatico. Dopo alcune ore il flusso di passaggio e’ scemato. Per oggi decidiamo di non fare il rientro pomeridiano, il fascetto di tordi arricchito da quattro colombacci e le intense emozioni avute in questa mattinata ci hanno soddisfatto appieno. Raccolti i bossoli esplosi ci rechiamo alle macchine per raggiungere le nostre famiglie e mangiare insieme almeno una domenica ogni tanto! arsvenandi
Dal golfo di Napoli fino alle campagne bierolusse: la migrazione di un tordo. Ha volato per oltre 50mila chilometri ripetendo per ben due volte il ciclo migratorio, dall’isolotto di Vivara nel golfo di Napoli fino alle campagne della Bielorussia dove poi è morto il 19 settembre 2012. È la storia di un Tordo Bottaccio, del peso di soli 75 grammi, che era stato catturato e segnalato nell’autunno 2010 nell’oasi naturalistica di Procida. L’uccellino, dall’Italia meridionale, si è diretto verso l’Africa per poi risalire nei Paesi del nord e morire a circa 2mila chilometri di distanza dal luogo in cui fu catturato. La storia del Tordo è stata ricostruita grazie ai dati raccolti dall’Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, ente che raccogliere i dati relativi agli inanellamenti che i ricercatori operano su tutto il territorio nazionale.