Ambiente, boschi aumentati di 587mila ettari, via 290 mln tonnellate di Co2: i dati dell’Inventario Nazionale delle Foreste
Secondo i calcoli i boschi sono aumentati di 587mila ettari. I boschi, calcola l’inventario, coprono il 36,7 % del territorio nazionale, i metri cubi di biomassa espressi in valori per ettaro sono passati da 144,9 a 165,4 metri cubi. Importanti i dati sulla quantità di Co2 sottratta all’atmofera che passa da1.798 milioni di tonnellate a quota 2.088 milioni corrispondente a 569 milioni di tonnellate di carbonio organico trattenuto nella biomassa e nel legno morto. «L’anidride carbonica è il gas serra maggiormente responsabile dell’innalzamento globale delle temperature, sottratta dall’atmosfera – spiegano i Carabinieri forestali – Le foreste svolgono un ruolo essenziale nel garantire gli equilibri naturali e ambientali globali». Sono di fatto una vera e propria macchina biologica che cattura carabonio e lo immagazzina nelle sue fibre, mantenendolo bloccato per tempi lunghissimi: un metro dcubo di legno secco contiene circa 260 kg di carbonio, pari a circa metà del suo peso. Ecco perchè una delle funzioni riconosciute alla foreste è la loro capacità di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e a regolare il clima.
L’Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio (INFC) è un’indagine campionaria periodica finalizzata alla conoscenza della qualità e quantità delle risorse forestali del Paese, fonte di statistiche forestali a livello nazionale e regionale. Ed è ricchissimo di dati, anche a livello regionale. Le regioni che maggiormente contribuiscono al volume complessivo dei boschi italiani sono la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, rispettivamente con il 10.4%, il 9.8% e l’8.7% del totale. I valori minimi regionali sono stati registrati per la Puglia, la Valle d’Aosta e il Molise, con contributi variabili tra l’1.0% e l’1.3% del totale, che ovviamente tiene conto anche dalla loro diversa superficie, oltre che della diversa composizione delle foreste. Il valore medio nazionale di volume per ettaro di Bosco è generalmente superato nelle regioni del Nord (ad eccezione del Piemonte e della Liguria) mentre nelle altre regioni questo avviene solo per la Calabria. Esso è molto elevato in Alto Adige (343.2 metri cubi per ettaro) e in Trentino (302.1 metri cubi per ettaro). L’indagine ha richiesto tempo e impegno. I rilievi, conclusi nei primi mesi del 2020, hanno completato un’indagine avviata nel 2013. seguendo anche standard internazionali. I dati in volume hanno riguardato il fusto degli alberi, comprensivo dei rami grossi e del cimale (fino alla soglia diametrica di 5 centimetri), con diametro a petto d’uomo (1.30 metri dalla linea di terra) di almeno 4.5 centimetri. Sebbene in Italia la superficie forestale venga spesso associata al paesaggio montano e collinare, la distribuzione è davvero ripartita e spesso è sulle quote più basse. Il 37% della superficie forestale si trova fino a 500 metri sul livello del mare e tra 500 e 1.000 metri c’è un altro 35,7%.
Le altre tre classi di quota (1000-1500, 1500-2000 e oltre 2000 m slm) ne comprendono rispettivamente 17.7%, 7.6% e 1.4%. In alcune regioni (Sardegna, Puglia, Toscana) la classe 0-500 m slm ospita la maggior parte della superficie forestale. Al contrario, in alcune regioni alpine sono le classi alle quote più elevate a prevalere sulle altre: 1000-1500 m slm (Trentino con 36.4%, Veneto con 28.5% di superficie forestale) e 1500-2000 m slm (Valle d’Aosta con 49.4%, Alto Adige con 45.2%) . Questo importante check up delle foreste italiane ha fotografato la presenza di 180 specie, ma sono quatto quelle che rappresentano da sole il 50% del volume deli boschi:il faggio, l’abete rosso, il castanno e il cerro. Bisogna aggiungere poi altre 7 specie per arrivare al 75%: il larice, la roverella, il carpino nero, il leccio, l’abete bianco, il pino nero e il pino silvestre. «L’Inventario – spiegano i carabinieri forestali – rappresenta già, ma sempre più lo sarà in futuro, una sorta di termometro verde in grado di misurare la consistenza e lo stato di vitalità delle foreste, ma soprattutto permetterà di valutare il loro contributo per mitigare la febbre planetaria».