Pratica sanguinaria? I cacciatori rispondono al comitato che vuole abolire la caccia: “Solo ipocrisia, incompetenza e ignoranza”

C’era da aspettarselo: frasi come “caccia pratica brutale”, “cacciatori affamati di violenza”, “liberi di torturare uccelli in gabbia per attirare i loro simili e fucilarli” e “liberi di educare i propri figli alla violenza” non potevano che scatenare l’immediata reazione dei cacciatori, tutt’altro che categoria in estinzione.

Una presa di posizione, dunque, che vuole rispondere alla raccolta firme lanciata dal Comitato “Sì aboliamo la Caccia”, la quale punta a vietare la caccia su tutto il territorio nazionale (Vedi articolo).

Abbiamo dato la parola a due giovani cacciatori locali, Federico Dal Din e Piero Simeoni (pluricampione italiano di tiro a volo), entrambi innamorati di quella che ritengono una passione da vivere in simbiosi con i loro cani e come tutela dell’ecosistema; e non, invece, come una pratica brutale e violenta.

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“Premettendo che la caccia è un’attività legale concessa dallo Stato Italiano, previe visite mediche, fedina penale pulita e superamento di vari corsi per l’abilitazione all’esercizio venatorio (e tasse annuali da pagare) – precisa Federico -, affermare che la caccia è “una pratica brutale” dimostra l’incompetenza di questi fanatici pseudo ambientalisti/anti caccia, i quali affermano con convinzione, soprattutto sui social media, di essere i migliori rispetto ai cacciatori, di sapere le cose avendole lette o per sentito dire. La realtà invece è ben diversa”.

“Non si sono mai visti gruppi di questi personaggi fare ripristini ambientali o raccolta dell’immondizia – prosegue il giovane cacciatore – Il problema sorge anche sul piano del confronto: la loro politica è quella della disinformazione e del far credere cose non vere. La quasi totalità di queste persone, alla quale non piace l’attività svolta dai cacciatori, non sa nemmeno di cosa tratti la legge 157 del 1992”.

Dello stesso tenore la riflessione di Piero Simeoni: “Il mio personale parere riguardo questa raccolta firme per poter fare un referendum contro la caccia è sintetizzato in due parole: ipocrisia e ignoranza”.

“A mio avviso, in una società come la nostra dove il consumismo e gli sprechi sono la normalità – continua -, dove la domenica le persone che andranno a votare per chiudere la caccia vanno a mangiare il sushi e la tartare di vitello senza porsi il problema della provenienza di quegli animali sia non solo da ipocriti ma, soprattutto, da ignoranti”.

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“Il cavallo di battaglia degli anticaccia sono la violenza e la brutalità gratuita che i cacciatori diffondono nella società e delle morti durante l’attività venatoria, semplificando temi molto più complessi e delicati che meriterebbero giorni di analisi e discussioni – afferma Simeoni -. Vorrei inoltre sottolineare che tutta la selvaggina abbattuta viene mangiata e apprezzata esattamente come il pesce che si compra al supermercato o il salame che si mangia tutti i giorni”.

“L’uomo è cacciatore da milioni di anni e rinnegare questa cosa solo perché nel ventunesimo secolo basta andare in macelleria per procurarsi della carne è semplicemente assurdo – commenta Piero -. Capisco che per molti sia difficile da comprendere e non mi aspetto che ognuno condivida la passione per la caccia, ma eguagliare l’abbattimento di un animale ad un omicidio, come i fautori di questo referendum vogliono far credere, a mio parere è un’offesa gratuita verso noi tutti“.

Altro tema caldo è l’ampia proliferazione di alcune specie selvatiche non autoctone: “Se poi vogliamo trattare l’argomento del contenimento delle specie invasive e dannose per le campagne coltivate (per esempio i cinghiali) – precisa Simeoni -, potremmo parlare di un beneficio economico che la caccia porta nelle realtà rurali senza chiedere nulla in cambio, ma questo tema sarebbe più giusto trattarlo direttamente con gli agricoltori che si vedono distruggere il lavoro di mesi in poche notti”.

Caccia “pratica brutale”, dunque? “Sono sicuro che, se mai questo referendum andasse in porto, la società si renderebbe presto conto di quanto in realtà la caccia sia benefica per il nostro ecosistema” risponde convintamente Piero.

(Foto: per concessione di Piero Simeoni e Federico Dal Din).
(I collari che indossano i cani sono innocui e servono per la sicurezza e localizzazione).
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