I migliori 5
Da dove proviene l’utilizzo di cani da caccia? L’uomo utilizza l’aiuto dei cani (anche per la caccia) da migliaia e migliaia di anni. In ogni tempo ed in ogni luogo ha tenuto con sé un cane, e non solo da 14 – 15.000 anni, come si è creduto sino ad oggi, ma addirittura da quasi 100.000 anni (come dimostra la moderna archeologia).
Piero Scanziani nel suo libro “Il cane utile” scriveva: “Abbiamo avuto civiltà senza cavallo, persino civiltà senza ruota. Mai civiltà senza cane. Senza cane, niente uomo”.
I nostri antenati, che vivevano nelle caverne, scoprirono ben presto che potevano stare più tranquilli se accanto a loro c’era un cane a fare la guardia, oppure che potevano avere più cibo a disposizione se andavano a caccia accompagnati da uno o più cani.
Il cane infatti, grazie alle sue capacità olfattive e uditive, è stato fin dall’età delle caverne il compagno più fedele dell’uomo, quello che doveva procurarsi il cibo cacciando piccoli e grandi animali. Ha lavorato per lui, come animale da soma, trascinando slitte su neve e terra, prima del cavallo.
Col passare del tempo gli uomini hanno selezionato ed ha addestrato diversi tipi di cani da caccia, secondo il tipo di preda a cui erano destinati. Dai tempi preistorici e fino ai giorni nostri, la caccia ancora oggi vede il cacciatore ed il cane come un accoppiamento indissolubile. I cani da caccia si dividono così in varie categorie, sempre seguendo le diverse tipologie di caccia che l’uomo ha sperimentato nel tempo per ottimizzare i risultati di tale attività così importante e vitale per lui.
E così abbiamo le seguenti categorie di cani da caccia:
- Cani da ferma: cani la cui razza, sentito l’odore di una preda, si ferma a breve distanza, puntandola e rivelando così la presenza del selvatico al cacciatore;
- Cani da cerca: cani utilizzati per la caccia ove vi una folta vegetazione in quanto questi animali hanno la caratteristica distintiva di essere degli instancabili cani da scovo e di stanare le prede;
- Cani da seguita: cani che hanno la particolarità di seguire la preda e vengono utilizzati per la maggiore per la caccia alla lepre ed al cinghiale;
- Cani da tana: cani con la peculiarità di scovare la preda dentro la tana;
- Cani da traccia (o da sangue): sono cani selezionati ed addestrati per recepire l’odore del sangue lasciato sul terreno dall’animale ferito e seguire la sua pista al fine di permettere un recupero più agevole al cacciatore;
- Cani da riporto: sono cani dotati di un forte senso del recupero dell’animale abbattuto e vengono magistralmente utilizzati sia per il recupero di selvaggina abbattuta sul terreno, sia per il recupero di animali acquatici caduti in acqua.
Le categorie dei cani da caccia sono visionabili nell’elenco stilato dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana.
Oggi parleremo delle 5 migliori razze di cani da caccia, ritenute dagli esperti di tutto il mondo, tra le più adatte per aiutare l’uomo nell’attività venatoria.
1. Setter Inglese
Origine: Gran Bretagna.
Classificazione F.C.I.: Gruppo 7 – cani da ferma.
Il Setter Inglese ha per antenati i cani chiamati in Francia “Chiens d’Oysels” (cani da volatili) o “chiens couchants”, per la caratteristica di distendersi sul terreno. Oltre Manica, i cani da caccia di questo tipo, erano chiamati “Setting Spaniels”, prima che si affermasse il termine “Setter”. La forza del Setter Inglese è quella di essere quasi esclusivamente un cane da lavoro. Anche se i suoi risultati nella caccia effettiva sono difficilmente quantificabili, non è per caso che la popolazione è così importante e stabile.
Per indicare il suo posto nelle prove di lavoro, si potrebbe fare una statistica dei CACIT o CAT (sono certificati che attestano, l’uno a livello internazionale l’altro nell’ambito nazionale, che il soggetto cui vengono assegnati possiede caratteristiche e qualità tali da rispecchiare lo standard ideale della razza) o contare il numero di campioni nazionali, internazionali d’Italia, d’Europa. Ma questo cane domina in modo così netto la competizione…
Più significativo, forse, è il numero di libretti di lavoro (questo documento è indispensabile per partecipare a ogni prova, quale che sia il suo grado di difficoltà). Se si sommano tutti questi richiesti per i cani da ferma, si nota che il Setter Inglese da solo se ne aggiudica quasi un quarto.
Si dice a volte del Setter Inglese che può essere difficile da addestrare. In realtà, nella maggior parte dei casi, non è assolutamente vero. Educare un Setter Inglese richiede un po’ di finezza di spirito, un minimo di psicologia e la capacità di interrogarsi sui propri errori prima di attribuire la colpa al cane. Data la fama straordinaria della razza, il senso innato della caccia che manifesta la maggior parte degli esemplari e la loro propensione a precedere i desideri del proprio padrone, si è facilmente tentati di bruciare le tappe dell’addestramento.
La potenza del suo naso è eccezionale e gli permette di seguire degli odori difficili sulle lunghe distanze. E’ questo, peraltro, ciò che lo autorizza a mostrare tanta decisione e intraprendenza. Da giovani, alcuni esemplari possono rivelarsi sensibili all’emanazione, puntando così in maniera sbagliata e avendo la tendenza a puntare tutto quello che sentono. Si tratta spesso di una mancanza di fiducia, di un desiderio di fare bene, ed è un questo caso che è necessario un minimo di psicologia canina.
I puristi affermano che questo cane è il grande specialista della piuma e che non bisogna fargli cacciare nient’altro. In effetti, non manca di referenze: è tra le file dei Setter Inglesi che troviamo un gran numero di cani da beccaccia senza pari e molti famosi anche per il beccaccino.
Il Setter Inglese non caccia sempre vicino al proprio padrone. Egli ama percorrere chilometri per cercare la propria preda (e soddisfazione). In realtà può cacciare di tutto, su tutti i terreni: negli immensi campi di barbabietole come nelle paludi nelle brughiere o nei boschi.
Il Setter Inglese riporta sempre molto volentieri, anche se non è stato selezionato in origine per questo compito, che effettua altrettanto bene sia sulla terra sia nell’acqua, in quanto è un buon nuotatore e dà prova di una grande resistenza qualunque sia il territorio e i rigori del clima. E’ molto rapido e va molto lontano, punta aspettando che il suo padrone arrivi fino a lui, cosa che fa dire che è un cane che non conviene se non a dei cacciatori molto sportivi.
Peraltro, un cane dalla ricerca così ampia e dalla ferma così sicura sembra molto utile per battere il terreno che un cacciatore, che non ha più le gambe dei 20 anni, non può percorrere. Al contrario, questo cane non è da consigliare a coloro i quali, qualunque sia la loro età, abbiano l’abitudine di avere un cane che resti loro sempre vicino.
2. Pointer Inglese
Origine: Gran Bretagna.
Classificazione F.C.I.: Gruppo 7 – cani da ferma.
Se si è soliti dire che il Pointer è il “purosangue” dei cani da ferma, non è per sottolineare che le altre razze sarebbero meno “pure” e neanche per negare la possibilità che in un lontano passato sia stato sottoposto a incroci destinati ad accelerare il suo miglioramento. Nondimeno, le sue origini conservano, ancora oggi, una buona parte del loro mistero. Se il Pointer è un purosangue, non è per la perfezione delle linee, del tutto idonee a consentirgli di eseguire ciò che gli si chiede sul terreno. E’, invece, per l’altissimo livello delle sue prestazioni: velocità, resistenza, finezza di fiuto. Appare come l’aristocratico nel suo campo, come la “formula 1” del cane da ferma. Certo, pochissime persone potrebbero arrivare a guidare una vettura da corsa, ma sarebbe un grave errore giungere alla conclusione che il Pointer non possa essere condotto da un’élite di cacciatori o di addestratori, o che sia adatto solo ai “circuiti” del tipo delle “prove sul campo” di primavera.
Una cosa è certa: il Pointer è un “continentale”. Per lui, come per i Bracchi, bisogna quindi risalire al “cane che caccia in pianura lontano dagli uomini” di cui fa menzione Arrien nel II secolo d. C. Il paradosso è che, dopo essere passato in mani esperte, sia stato considerato come inglese al 100% e che sia servito a migliorare la maggior parte dei suoi “cugini”. Certamente il Pointer è un grande sportivo che non si adatta a colui che considera la caccia come un bighellonare campestre, ma non è comunque il cane di un’élite. Il Pointer riporta.
Certamente, all’origine, questa fase della caccia non lo riguardava: i grandi proprietari inglesi, che mal sopportavano di dover interrompere il corso della caccia per il periodo nel quale i cani da ferma ricercavano e riportavano la selvaggina colpita, avevano fatto ricorso ai Retriever, più efficaci e meno costosi di un personale numeroso. Ma in Francia, dove il cacciatore non ha che un cane, il Pointer è addestrato al riporto e si comporta benissimo, sia sulla terra sia in acqua. Inoltre, se è in primo luogo un cane da pianura, dove può esprimere pienamente tutte le sue capacità, ha saputo anche esprimere grandi cacciatori di beccacce e sa rendere inestimabili servizi nel bosco.
Numerosi specialisti danno egualmente molte soddisfazioni sul beccaccino, in palude. La sua resistenza fisica è grande, come la sua resistenza alle intemperie. Così non soffre particolarmente per i grandi caldi, come ben sanno i cacciatori spagnoli e più ancora i loro colleghi italiani, e resiste assai bene al freddo dal momento che la sua passione supplisce in una certa misura alla foltezza del suo pelo.
Se si sottolinea spesso l’ampiezza e la velocità della sua cerca, che sono in verità incomparabili, non si deve dimenticare di precisare che questo cane sa, da se stesso, abbandonare il suo bel galoppo allungato, assai corsivo, di fronte alla pernice che pedina, per esempio, o al riparo. Queste andature molto vive gli sono permesse da un naso estremamente fine, che prende l’emanazione alta, cosa che avviene talvolta con qualche falso arresto iniziale.
La sua potenza olfativa gli permette tutte le fantasie: non si è forse detto di lui che era “molto efficace a 200 metri” e che poteva “fiutare un perniciotto a distanze incredibili?” Il Pointer scatta come un razzo, prende molto terreno. Un’altra cosa straordinaria che lo riguarda è il fatto che si addestra velocemente e bene grazie alla sua straordinaria memoria, come sottolineano tutti coloro che l’hanno avuto in mano. Un clima di confidenza, ecco il segreto del suo addestramento, se ve ne è uno, perché si tratta di un cane suscettibile di attaccarsi terribilmente al suo padrone. Il Pointer, infine, è il cane degli esteti.
Il suo stile è unico e molto spettacolare: al galoppo mantiene alta la testa, il suo dorso è rigido come un trave e i suoi arti, simili a “bielle perfettamente oliate”, prendono molto terreno; le sue ferme sono sempre impressionanti, col corpo teso che i muscoli fremono, la coda rigida che prolunga il dorso e la testa alta. Veramente un gran signore, tale è il Pointer, accessibile comunque a tutti coloro che considerano la caccia un po’ come un’arte che dà grandi emozioni.
3. Épagneul Breton
Origine: Francia.
Classificazione F.C.I.: Gruppo 7 – cani da ferma
L’Épagneul Breton è il più sportivo e il più veloce tra i cani da ferma francesi, ma anche la più piccola razza da ferma, benché questa differenza sia minima. Con i suoi 15 kg. non sfigura affatto di fronte agli altri concorrenti nei field-trials i quali, perla maggior parte, non pesano in genere più di 20 kg. Gli esemplari da competizione non rappresentano evidentemente che una minima parte della popolazione dei cani da caccia, ma dimostrano comunque l’inevitabile evoluzione in atto: ogni chilogrammo e ogni centimetro devono avere la loro ragione di essere, e in effetti i cani di forte costituzione hanno fatto, in questo campo, il loro tempo.
Anche se appartengono a una categoria differente, si può paragonare il Breton allo Springer, il quale, di taglia appena superiore, è attualmente il cani di maggior successo. L’Épagneul Breton non si è fatto intrappolare da una specializzazione troppo marcata: conviene perfettamente a un cacciatore che non ha i mezzi per possedere un cane diverso per ogni fase della caccia e per ogni tipo di terreno. La maggior parte degli addestratori professionisti dichiarano che si tratta del cane maggiormente in grado di adattarsi ai vari terreni delle diverse regioni.
Questo “re della caccia” non esita a infilarsi, grazie alla taglia ridotta, sotto i cespugli più folti alla ricerca della preziosa preda. Di qui la sua reputazione di essere un cane perfetto per il bosco e la boscaglia: in questo caso il Breton compensa i suoi ridotti mezzi fisici con l’intelligenza e l’energia, secondo una legge di natura tipica dei cani di piccola mole. Anche nella macchia mediterranea dà prova di notevole efficacia, in quanto il suo odorato resta eccellente nonostante l’alta temperatura. Si trova a suo agio in ambiente acquatico e dà ottima prova di sè negli acquitrini: non si fermerà certo davanti a uno stagno.
È selezionato per essere molto attivo, e quindi non si deve in alcun modo reprimere la sua vivacità ed è un cane tenace e accanito nel lavoro. Si potrebbe paragonare a quelle piccole automobili che, dotate di motore turbo, possono rivaleggiare con prestigiose e potenti vetture sportive, sia in competizione sia in strada, Il “turbo” dell’Épagneul Breton è il suo entusiasmo nel lavoro, la sua volontà, il suo dinamismo. L’Épagneul Breton è facile da addestrare ma bisognerà fare attenzione a non incoraggiarlo a inseguire la selvaggina da pelo, in quanto sarebbe allora tentato di fare come i suoi antenati, gli “choupilles”, che, una volta, inseguivano la lepre abbaiando.
Il Breton è rapido e lo si considera il più veloce dei cani da ferma francesi: nei campionati monopolizza, infatti, i primi posto. Solamente il Bracco Tedesco e, in misura minore, il Griffone Korthals possono metterlo a dura prova (ricordiamo che le razze continentali concorrono in una categoria separata dalla razze britanniche).
Il massimo per una razza di cani da ferma è fornire dei cani da beccaccia. Quanto ai cani da beccaccia, essi costituiscono l’èlite dei cani da ferma: devono possedere al massimo grado la passione per la caccia, grandi attitudini all’addestramento, un olfatto di estrema finezza, il senso dell’iniziativa e devono, inoltre, mostrare doti di cani da boscaglia per essere capaci di andare alla ricerca della beccaccia che non esita a rifugiarsi nei cespugli più spinosi.
Per mettere un cane alla caccia della beccaccia, ci sei deve prima di tutto assicurare che sia perfettamente abituato alla piuma e che resterà assolutamente indifferente al passaggio improvviso di un coniglio. Bisogna ugualmente perfezionare la fermezza del suo modo di puntare e ottenere che a comando si infili nei cespugli per snidare la preda.
L’Épagneul Breton fornisce in grande quantità degli eccellenti cani da beccaccia, cosa che non stupisce affatto, in quanto da molto tempo i suoi antenati sono stati utilizzati per la caccia a questo tipo di selvaggina. E’ sempre un piacere osservare la vivacità dell’Épagneul Breton, sempre attento al minimo fruscio, al minimo movimento, sempre pronto a mostrare la sua grande abilità di cane da caccia unita alla sua estrema intelligenza.
4. Beagle
Origine: Gran Bretagna.
Classificazione F.C.I.: Gruppo 6 – segugi e cani per pista di sangue
Il Beagle è un cane da muta di origine inglese, il cui standard, definito dai Britannici, non può essere modificato dalla Federazione cinologica internazionale se non per loro iniziativa. La sua evoluzione è legata alla storia del paese d’origine.
Il nome Beagle deriverebbe, secondo gli specialisti, dall’inglese antico beagle o dal francese antico beigle, o addirittura dal celtico beag (tre termini che significa piccolo). Secondo il dottor Jacques Bourdon, autore di una magistrale opera su questo splendido cane da muta, il nome “Beagle” sarebbe stato utilizzato per la prima volta all’inizio del XV secolo.
Se ne trova traccia precisamente nel “Maestro di caccia”, trattato cinegetico scritto attorno al 1406 da Edoardo, secondo duca di York, e nel “Libro di Sant’Albano”, compilazione pubblicata nel 1481 da Juliana Berners, priora si Sopewell. Ma le origini del Beagle sembrerebbero essere ben più remote, tanto da farle risalire alla Grecia antica. Nel suo “Cinegetico”, scritto verso l’anno 400 a.C., lo storico ateniese Senofonte fa in effetto riferimento a piccoli cani da muta, che cacciano la lepre a fiuto e che sono seguiti a piedi.
Il Beagle è un cane atletico sotto ogni aspetto e non c’è niente di meglio che vedere una muta di Beagle in pieno inseguimento. E’ un cane brioso, la cui funzione essenziale è la caccia, soprattutto alla lepre, che insegue col fiuto. Coraggioso, molto attivo, resistente e determinato. È anche attento, intelligente e di carattere sempre uguale. Amabile e sveglio, non mostra mai aggressività né timidezza. Il Beagle ha un olfatto molto sviluppato che gli consente di rintracciare la passata notturna del selvatico e quindi di guidare il cacciatore verso la sua preda a colpo sicuro. Spavaldo, attivo e dotato di grande forza e determinazione, rimane sempre e costantemente all’erta, proprio a testimoniare la sua vocazione alla caccia. Dalla metà degli anni ’80, ed ancora oggi il Beagle è ampiamente utilizzato anche alla caccia al cinghiale.
“Bisogna stanare un coniglio o una lepre da una siepe? Il Beagle trasportato dal suo ardore naturale, affronterà rovi, spine, ginestroni, che attraverserà sicuramente meglio dei cani più grossi, e arriverà velocemente sulla preda. Supererà facilmente tutti gli ostacoli che troverà sul terreno. Lanciato all’inseguimento di una lepre, attraverserà senza fatica un corso d’acqua. I veri Beagle hanno un’ottima ugola; il timbro della voce è acuto e si percepisce da grande distanza…Rispetto alla capacità olfattiva, non sono da meno di nessun altro cane; riescono a trovare tracce anche sui sentieri battuti, sono molto abili nel seguire una pista[….] Riteniamo che questo cane sia destinato a un avvenire brillante, tanto più che, una volta tornato tra le pareti di casa, diventa un delizioso cagnolino, molto intelligente, suscettibile di educazione e capace di restare accoccolato accanto al fuoco quanto un qualsiasi cane da salotto“.
Questa descrizione, che rispecchia perfettamente la realtà attuale del Beagle, anche se pubblicata già nel 1888 da E. Derflat nella rivista “La Gazette des Sports” (La Gazzetta degli Sport), spiega le ragioni del grande successo che questo animale ottiene come cane da muta e da compagnia. Molti Beagle oggi vivono negli appartementi, ma occorre ricordare che siamo di fronte ad un cane da caccia e che le sue doti ed il suo istinto lo vedono meglio in un giardino.
5. Grand Gascon Saintongeois
Origine: Francia
Classificazione F.C.I.: Gruppo 6 – segugi e cani per pista di sangue
Questa razza è stata creata verso la metà del 19° secolo dal Conte Joseph de Carayon-Latour, il quale, per rinnovare la razza di Saintonge che stava degenerando, ne incrociò gli ultimi esemplari rimasti con i Blu di Guascogna del Barone di Ruble, creando così il Gascon Saintongeois, ma provocando l’estinzione del Cane di Saintonge. A confronto di tutti i cani da caccia, i Gascon Saintongeois non possono essere considerati come dei cani da compagnia, anche se alcuni di loro danno prova di un’amicizia estroversa, debordante, persino invadente, quando un essere umano entra nel canile.
Per ciò che concerne la loro attitudine alla caccia i Gascon Saintongeois hanno le qualità e i difetti dei loro antenati. Ma le loro attitudini hanno il sopravvento sui difetti e sono davvero preziose. In effetti questi cani hanno un’andatura rapida, una grande finezza di naso e una sicura saggezza nel cambio.
La razza viene da sempre apprezzata nella caccia a cavallo di tutti gli animali, specialmente della lepre, del lupo e del capriolo, per cui si richiedono cani perseveranti, testardi, capaci di trovare una traccia molto debole, ma che non si imbizzarriscono. Sono cani rapidi, assai fini di naso e molto furbi: ciò fece dei Gascon Saintongeois dei cani eccellenti per quel tipo di caccia per la quale dovevano avere delle attitudini che non sono quelle dei cani inglesi, rapidi ma facilmente scoraggiati davanti alla difficoltà.
E’ capace di rilavare tracce lievi nelle giornate più asciutte, persino sui sentieri dove la polvere generalmente rende i cani incapaci di sentire qualunque odore della selvaggina. In più è dotato di una voce molto bella, più spesso centrata sui toni bassi. Sono segugi dotati di grande olfatto, infatti risultano eccellenti maestri nella caccia alla lepre, di grande coraggio e intelligenza, dote importantissima nella caccia del cinghiale.
Sono cani che vantano una percentuale di riuscita molto alta, infatti è difficile riscontrare un soggetto che rifiuta la caccia.