Castellaneta, i danni procurati dai cinghiali alle colture vanno risarciti da Regione e Provincia
Fa giurisprudenza la sentenza del Tribunale di Taranto che ha condannato i due enti a risarcire per circa 40.000 euro, più interessi e spese, una azienda.
I danni causati da cinghiali a terreni e colture vanno risarciti da Regione e Provincia. È una sentenza che apre una nuova strada a numerosissimi agricoltori che da anni fanno i conti con l’invasione dei cinghiali quella emessa dal Tribunale civile di Taranto che ha condannato i due enti a risarcire per circa 40.000 euro (più interessi e spese) una azienda di Castellaneta che nel novembre 2016 aveva subito gravi danni al proprio agrumeto e uliveto.
L’azienda (difesa dall’avvocato Giuseppe Clemente) aveva allora citato in causa Regione e Provincia, ottenendo un verdetto favorevole inedito. Finora, infatti, in Puglia i due enti erano stati condannati solo per aggressioni a persone o incidenti automobilistici causati dai cinghiali. Il giudice monocratico di Taranto, nella sua sentenza, ricorda come la legge 157 del 1992 assegna «alle Regioni a statuto ordinario il potere di emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica» e che «sino a tutto il 2017 la legislazione regionale pugliese demandava poi espressamente alle Province i compiti di vigilanza e di controllo della fauna selvatica nell’ambito dei rispettivi territori, nonché l’applicazione delle sanzioni amministrative, riservando alla Regione solamente funzioni di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico venatoria. Le provincie pugliesi erano, inoltre, tenute alla predisposizione di piani faunistici venatori, attraverso i quali perseguivano persino obiettivi di individuazione e stabilizzazione della densità faunistica ottimale per territorio». Non solo, perché il giudice sottolinea «la mancata adozione di una qualsivoglia strategia di contenimento», ricordando anche come Regione e Provincia «non hanno saputo indicare alcuna iniziativa amministrativa in materia, nonostante il relativo onere».
Inoltre, «non appare possibile anche solo ipotizzare un concorso di colpa della società, dalla quale non si potrebbe di certo pretendere la recinzione di tutti gli estesi terreni condotti in affitto».