La risposta delle Associazioni Venatorie sul tema cinghiali all’Elba
Di ANLC – FIDC – ARCICACCIA ISOLA D’ELBA
Da giorni leggiamo articoli allarmistici e densi di preoccupazioni riguardanti la problematica ungulati all’Isola d’Elba. In alcuni di essi, purtroppo come spesso accade, quando si vuol spostare l’attenzione dalle vere responsabilità, si attacca il mondo venatorio addossandogli ipotetiche e non dimostrate colpe di oltre cinquant’anni fa, senza dare nessun riscontro certo. Queste sono le accuse di un mondo ambientalista/animalista che nella nostra Isola vuole nascondere le colpe di una pessima gestione del Parco, che hanno portato a questi risultati e all’esasperazione di molti residenti. Come si possa pensare di avere una densità sostenibile di ungulati, in un areale vasto ed impervio come quello isolano, dove la caccia è interdetta in oltre il cinquanta per cento del territorio, proprio non riusciamo a capirlo senza contare i divieti dovuti alle normative vigenti in tema di esercizio venatorio e legati al rispetto delle distanze da abitazioni ,strade e colture in atto, il tutto in un periodo limitato di tempo che solitamente è compreso tra il primo novembre ed il 31 gennaio di ogni anno, per non più di tre volte a settimana. Da un semplice conto matematico emerge un dato incontrovertibile: sono al massimo 36 le occasioni in cui è consentito cacciare il cinghiale, secondo il calendario regionale. A queste vanno sottratti i giorni di maltempo che nel periodo in questione sono frequenti.
Come Associazioni Venatorie non possiamo fare altro che puntare il dito accusatorio contro coloro che da prima, per perorare uno spirito ambientalista hanno voluto un Parco “selvaggio”, mentre ora lo vorrebbero privo di tutta la popolazione di cinghiali e mufloni, circostanza biologicamente e tecnicamente impossibile. Non possiamo non sorridere leggendo su un articolo a firma di Legambiente e pubblicato sulle testate locali , la richiesta di una eradicazione che non sia una strage e non debba causare la sofferenza agli animali. Come pensano di eliminare la specie dal territorio, mettendo dei cartelli con scritto “cari cinghiali siete pregati di andare via a nuoto” o continuando con le catture tramite gabbie che fino ad oggi hanno portato al risultato che è sotto gli occhi di tutti ? Oppure si pensa di adoperare dei farmaci per la sterilizzazione che, non solo colpirebbe la popolazione di ungulati, ma anche quelle di roditori, martore, uccelli e chissà forse anche l’uomo che si ciba della carne di cinghiale o muflone? Per favore siamo seri; per noi parlano i numeri e non le chiacchiere. Nell’ultima stagione venatoria , le 3 squadre di cinghiale Elbane hanno abbattuto 389 esemplari e grazie a questo e a tutte le opere di prevenzione, messe in atto dall’ATC, nel 2019 c’è stata una sola richiesta di danno all’agricoltura nella zona gestita a caccia programmata (territorio cacciabile).
Si chieda all’Ente Parco il resoconto annuale delle catture a mezzo gabbie considerando che queste sono posizionate nel territorio tutelato 365 giorni all’anno h 24. E’ evidente che c’è qualcosa che non torna. Il Parco , con la Presidenza Tanelli , aveva intuito da subito il problema ed individuato la soluzione nei cacciatori. Venivano organizzate delle “battute” o braccate , che dir si voglia, con le squadre del cinghiale locali che , con la vigilanza e collaborazione del CFS , provvedevano alla battuta nel territorio del Parco all’uopo destinato. Terminata la Presidenza Tanelli, il nulla.
E’ evidente che il nocciolo del problema è l’area protetta, che è un vero e proprio serbatoio vivente in continua prolificazione , dove il selvatico vive e scorazza indisturbato e che non conosce confini. Non a caso si verificano danni in misura più eclatante e numerosa nelle zone poste a confine o dentro l’area protetta, leggasi gli ultimi proclami del Sindaco di Marciana.
E si propone di fare dichiarare “territorio non vocato” alla caccia al cinghiale un’isola come l’Elba? Per i profani della materia informiamo che significherebbe non cacciare più il cinghiale. La cosa è veramente paradossale e ridicola e si tradurrebbe automaticamente in un disastro ancor più grave ampiamente annunciato. E’ stato sufficiente un paio di mesi di assenza della “specie umana” fuori dai centri abitati per vedere il sopravvento degli ungulati e il risultato delle loro scorrerie, non certamente per diletto, ma per mangiare, bere e sopravvivere.
Ci rivolgiamo ai Sindaci dell’Isola d’Elba, affinchè sia vista la caccia ed i cacciatori come una risorsa, l’unica che voglia e possa darvi un contributo tangibile. Agli agricoltori diciamo che quando c’è stato bisogno il mondo venatorio è stato sempre presente sia nella prevenzione che nel risarcire i danni, dato che questi vengono pagati esclusivamente con i soldi versati dai seguaci di Diana con i versamenti che annualmente vengono fatti all’ATC. Non solo, quando c’è da essere sul campo, a “sporcarsi le mani “, tocca sempre e solo a noi aiutarvi.
Nessuno ha la bacchetta magica per poter ricreare, nell’immediato, un’equilibrio sostenibile tra fauna e mondo agricolo rurale, ma solo con un progetto che veda tutti noi portatori di interesse, con un unanime coinvolgimento, che potremmo avere dei risultati sul territorio di tutta l’Isola d’Elba.