Felis, il primo documentario sul gatto selvatico in Liguria
Il progetto dei fotografi Paolo Rossi e Nicola Rebora attraverso un crowdfunding: «Prima del nostro lavoro, i gatti selvatici potevano essere osservati solo impagliati, al Museo di Storia Naturale di Genova». Il ricercatore Stefano Anile: «Un lavoro che dimostra la presenza di questo animale in Liguria»
«La prima volta che la video-trappola l’ha ripreso ho fatto finta di niente. Non mi sembrava possibile. Ma la seconda ho dovuto avere la certezza che fosse vero. Così ho mandato le immagini a un esperto, il ricercatore Stefano Anile. Si tratta di un gatto selvatico?, gli ho chiesto. Il verdetto è stato: sì, inequivocabile». É iniziata così circa un an no fa, ci racconta Paolo Rossi, la storia di «FELIS – Gatto sarvægo», un documentario (pensato insieme a Nicola Rebora) che sta prendendo vita grazie al crowdfunding su Produzioni dal basso e che per la prima volta mostra la vita del gatto selvatico europeo ancora evidentemente presente nell’Appennino Ligure.
Rossi e Rebora sono due fotografi di lupi ma l’occasione di poter raccontare e far vedere questo animale super elusivo li ha portati a cambiare, per una volta, il soggetto delle loro ricerche naturalistiche e a lavorare insieme. «Prima del nostro lavoro, i gatti selvatici potevano essere osservati solo impagliati, al Museo di Storia Naturale di Genova – spiegano i due fotografi – Vederlo e riprenderlo è difficilissimo e in mesi e mesi di ricerche abbiamo ricavato solo pochi ma preziosi video». Anche se a un occhio profano il gatto immortalato da Rossi e Rebora sembra non avere molto di diverso da un normale micio di casa, le cose non stanno per niente così. «Le differenze con il gatto domestico sono molteplici – ci spiega Stefano Anile, uno dei massimi esperti della specie – in primis il disegno del mantello del gatto selvatico è inconfondibile, nessun gatto domestico presenta un disegno del mantello come il suo. Inoltre, anche occhi (numero e tipo di fotorecettori), cranio (capacità cranica) e intestino (rapporto intestino/lunghezza animale) sono differenti».
Non solo la somiglianza al gatto comune ma soprattutto la sua rarità (e il fatto che si tenga ben lontano dall’uomo) fanno di questo progetto un lavoro prezioso. «Il gatto selvatico tende a farsi vedere il meno possibile – racconta ancora Rossi – ad esempio nella zona dove avevamo messo le video-trappole hanno tagliato un paio di faggi e lui è sparito di nuovo». Insomma, anche se secondo l’International Union for Conservation Nature il gatto selvatico europeo non è «a rischio estinzione», certo è che la sua presenza è piuttosto rara. «È difficile avvistarlo perché è un animale selvatico che non trae alcun vantaggio dalla vicinanza con l’uomo, tutto il contrario semmai – ci dice ancora Anile – Si muove preferibilmente di notte, specialmente quando ci sono molti umani in giro, e vive a densità solitamente basse».
Ma quanti sono questi bellissimi felini nel nostro Paese? «Per riuscire a fare una stima di quanti esemplari attualmente vivano in Italia ci vuole uno sforzo d’immaginazione non da poco (e con il rischio concreto di dire fesserie) -sottolinea ancora Anile- Preferisco dire che in habitat ottimali, con copertura boschiva adeguata e abbondanza di prede, la specie raggiunge densità di circa 28 individui su 100 km quadrati. Le immagini raccolte da Paolo forniscono la prova che questa specie ha riconquistato le alpi Liguri.O forse c’è sempre stata ma dato che nessuno conduceva monitoraggi mirati ad individuarne la presenza è difficile dirlo».
La raccolta dei fondi per la realizzazione del cortometraggio è ancora in corso ma sta andando bene. «Per me è stata una scommessa – dice Rossi – lavoro con i lupi e so che questi animali hanno un fascino particolare per noi umani ma non ero sicuro che ci sarebbero state persone disposte a finanziare un progetto sul gatto selvatico. Invece ci hanno dato fiducia e siamo molto felici». Se tutto andrà bene l’anteprima del documentario sarà presentata a Camogli il 3 luglio. Sempre coronavirus permettendo.