La frollatura

Per quanto riguarda la frollatura, le opinioni più moderne sono quasi tutte concordi nel ritenere che questa sia richiesta quasi esclusivamente dal fagiano, il quale, debitamente starnato, ma con le penne intatte, deve essere tenuto per quattro o cinque giorni in un ambiente fresco, ombroso e ben ventilato.
Gli altri volatili è meglio cucinarli freschi, a meno che non si tratti di uccelli di palude; questi se si desidera attenuare il loro caratteristico odore, si tengano almeno per un giorno in un bagno di vino bianco mescolato con un mezzo bicchiere di aceto, cioè una sorta di salsa marinata che può essere arricchita, a piacere, da ogni tipo di aromi.
Quando andavo ad acquatici a Zapponeta, i paesani mi pregavano di sparare anche alle folaghe asserendo che marinate, come sopra scritto, erano gustosissime.
La lepre si può consumare sia fresca che dopo una frollatura di un paio di giorni a patto che in ogni caso, appena abbattuta, le sia stata vuotata la vescica. In caso contrario tutta la sua carne si guasta irrimediabilmente.
Per quanto riguarda la selvaggina da pelo di grossa mole come cinghiali, cervi e caprioli ecc. ecc. bisogna dire che le pietanze più gustose si preparano con gli animali più giovani; in caso contrario ci si troverà a lottare più accanitamente e certamente con minori possibilità di successo di quanto non sarebbe mai accaduto con l’animale giovane.
Per i capi non più giovani si può procedere alla marinatura delle carni che consiste nel tenerle immerse per un periodo di tempo di due o tre giorni in un bagno di vino bianco misto ad aceto e a fette di carota, sedano, alloro e ginepro.
La marinatura della grossa selvaggina, però, si può anche effettuare con un altro sistema che, anche se leggermente più complicato dà dei risultati migliori.
Per questa marinatura è necessario scaldare del vino rosso forte e aromatico, insieme agli odori e agli aromi; scaldato che sia vi si immergano le carni che vi si lasciano per un giorno o due.

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