La carne di cinghiale può essere nociva?
Assai apprezzato in ambito gastronomico, per il consumo alimentare il cinghiale viene cacciato e allevato, con questa seconda opzione a soddisfare la maggior parte della richiesta. L’abbondanza di esemplari selvatici e l’attività venatoria, tuttavia, portano sulle tavole di tanti italiani la carne di questo animale, che però è stata messa in relazione con la diffusione di alcune malattie e intossicazioni. Questa specie, infatti, sul piano sanitario è considerata particolarmente problematica per il possibile contatto con gli animali domestici e per la ricettività di infezioni pericolose. In sintesi, ecco cosa può trasmettere il cinghiale selvatico e il consumo imprudente della sua carne.
- Le zoonosi sono patologie trasmissibili dagli animali selvatici a quelli domestici e all’essere umano, e nel caso del cinghiale ci si riferisce alla brucellosi, che colpisce soprattutto gli animali domestici, alla tubercolosi e alla trichinellosi. Quest’ultima si contrae mangiando carni crude o poco cotte. Il cinghiale, come la volpe, può essere soggetto all’infezione da Trichinella spiralis a causa della sua occasionale abitudine di nutrirsi di carcasse, che a loro volta possono essere infestate. La presenza di questi parassiti alimentari, fortunatamente, sembra essere in progressivo calo, ma l’attenzione e la prevenzione non devono abbassare la guardia.
- Il cinghiale può veicolare patologie altamente contagiose per gli animali, come la peste suina classica, oggi assente in Italia, e quella africana, endemica in Sardegna. Si tratta di malattie in grado di compromettere rapidamente interi allevamenti, con gravi conseguenze economiche.
- Questo animale, inoltre, può contribuire a diffondere patologie pericolose per le stesse specie selvatiche, come la malattia di Aujeszky, presente in Italia e particolarmente nefasta per i grandi predatori, come i lupi e i cinghiali, ma anche per i maiali da allevamento estensivo (all’aperto).
- Come tutta la selvaggina e come nel caso del gambero killer, per l’essere umano la carne di cinghiale può essere pericolosa anche a causa delle contaminazioni dovute all’inquinamento ambientale. Nel marzo 2013 nella Valsesia, in Piemonte, su 27 cinghiali abbattuti si accertò la presenza di Cesio 137, un elemento radioattivo e tossico, con valori dieci volte al di sopra dei limiti di legge. Il Ministero della Salute avviò indagini che fecero emergere altri casi anche nella vicina Val Vigezzo. In Giappone, invece, questi animali sono stati vettori dell’epatite E, dovuta al consumo di carni infette crude o poco cotte.
Alla luce di tutti i possibili rischi, quello più concreto che interessa il consumo alimentare è la trichinellosi. Secondo le normative vigenti, non a caso, la carne di cinghiale deve essere sottoposta a esame trichinoscopico dall’azienda sanitaria locale, e solo dopo un responso negativo dell’esame può essere commercializzata e mangiata. Questa prassi, però, non sempre viene seguita, specialmente quando gli animali sono cacciati e abbattuti di frodo, per il piccolo consumo familiare. Per acquistare prodotti a base di cinghiale, quindi, è importante rivolgersi a commercianti e produttori di fiducia, per avere le indispensabili garanzie sanitarie. Il rischio di entrare in contatto con la Trichinella spiralis, infatti, è piuttosto elevato per le selvaggine non sottoposte al controllo.