“Non potete fare i controlli se non stiamo cacciando”, denunciato e armi ritirate per minacce alle guardie venatorie
Il giudice per le indagini preliminari e il Tar gli danno ragione: denuncia archiviata e licenza di caccia restituita
Articolo – Interviene in aiuto di un amico cacciatore durante un controllo illegittimo delle guardie venatorie e finisce denunciato e con il ritiro della armi e della licenza di caccia. Il giudice per le indagini preliminari archivia le accuse e il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria gli restituisce fucile da caccia e porto d’armi.
L’uomo, difeso dall’avvocato Pietro Ghinassi, ha presentato ricorso contro la decisione della Prefettura di con la quale gli viene “fatto divieto di detenere le armi e le munizioni in suo possesso” e consegnarle ai Carabinieri, con conseguente revoca del porto d’armi ad uso venatorio.
Il divieto scaturisce dalla denuncia nei suoi confronti da parte di personale dell’Enpa di Perugia per i reati di resistenza e minaccia a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire le generalità. Nel suo ricorso l’uomo ha ricostruito la vicenda, affermando di essersi avveduto “che un cacciatore, sottoposto a controllo da parte di personale dell’Enpa, si trovava in difficoltà nel tenere fermi i propri cani e nel gestire la situazione” e per questo “sarebbe intervenuto ricordandogli i suoi diritti ed anche contestando il potere delle guardie faunistico-venatorie dell’Enpa di procedere a controlli al di fuori del contesto dell’attività venatoria”. Costituendo così “un intralcio all’attività dei pubblici funzionari”.
Il giudice per le indagini preliminari di Perugia ha archiviato le accuse ritenendo che “le guardie venatoria risultano non titolari dei relativi poteri al di fuori dei controlli in sede di esercizio di caccia, circostanza nella specie non rinvenibile” e che il comportamento dell’uomo non era teso a intralciare l’attività delle guardie venatorie, tanto meno che avesse attuato un “reale atteggiamento minatorio”.
Anche i giudici amministrativi hanno ritenuto che nel comportamento dell’uomo non siano ravvisabili condotte che “appaiano di particolare gravità, nonché incompatibili con una sicura detenzione delle armi”.
Il provvedimento “risulta pertanto viziato sotto il profilo della insufficiente esternazione dei presupposti e del difetto di motivazione” e anche la revoca “del porto d’armi” è eccessiva. Da qui l’accoglimento del ricorso e la restituzione di armi e licenza di caccia.