Tartufi e Beccacce – Racconto
Articolo – Tartufi e Beccacce – Racconto – Sono circa le 11’30 di una calda ed afosa mattina di fine estate, quando sento squillare il cellulare. E’ quell’amicone di Marco che senza riprendere fiato mi dice; che vieni a cercare tartufi con Tom? si va alla ….. in un noccioleto buono anche per le prime beccacce in arrivo. Come si fa a dire no a Marco, e per di più ad una richiesta del genere; un po’ di tartufi buoni e saporosi sono quasi assicurati, e se si vuole conoscere qualche posto nuovo (buono per le beccacce) per la prossima stagione venatoria, è buona regola farlo a caccia chiusa.
Da sempre specialmente ad inizio di stagione, ma spesso secondo la temperatura anche nel Dicembre inoltrato, i noccioleti sono terreni ideali per la sosta della più scaltre ed astute beccacce.
In genere si tratta di terreni in forte pendenza, in massima parte sgombri da vegetazione, terreni ben drenati perché misti a pietre e scaglie di galestro. Le numerose foglie e rami secchi che copiosamente cadono a terra, tendono ben presto ad imputridirsi formando un buon strato di humus, tanto da rendere il terreno circostante fresco e particolarmente fertile, di un bel colore bruno scuro. Un terreno così composto è naturale che ospiti una moltitudine infinita di vermi e animaletti di terra delle più varie tipologie, come è naturale che a tempo debito ospiti una buon numero di Regine.
Al delimitare degli estesi noccioleti di consueto si trovano gli sconfinati pratoni sodi adibiti a pascolo, una accoppiata vincente per l’esigenze dell’aristocratica Signora dal becco lungo. Molto spesso distribuiti a macchia di leopardo, si incontrano limitati raggruppamenti di cespugli per lo più formati da ginestre e prugnoli misti ad erbacce. Spesso lunghi bracci di bosco tagliano i grandi spiaggioni ora allargandosi ora restringendosi da formare come una lunga siepe. Qua e là boschetti di bassi quercioli misti a cespugliato, quest’ultimo composto per lo più da alberelli di prugnoli e ginestre, avvinghiati da tralci di rovo, questi creano ottimi rifugi e rimesse d’appoggio per le Regine in fuga. Rifugi per lo più vicini e di agevole accesso, dove la beccaccia in fuga può avere il tempo di escogitare nuove elaborate strategie, e nel contempo fermare l’appetito con qualche gustoso bocconcino dalla forma allungata. Naturalmente come per tutte le medaglie c’è il suo rovescio, rovescio che in questo caso ci fa vedere come sia difficile e complicato muoversi in questi favolosi posti da beccacce e tartufi.
La composizione del terreno abbiamo visto è molto infida, in quanto composta da terreno molto sfarinato misto a pietrisco che non permette sicurezza in caso di appoggio improvviso. In più c’è da considerare che non rare sono le pietre della grandezza di una mattonella e più , celate sotto il terriccio o lo strato di foglie, mettere un piede di appoggio sopra, equivale a fare un bello sdrucciolone verso il basso per decine di metri. Dulcis in fondus, le numerose radici in superficie e i rami contorti giovani o secchi, sono una continua trappola tesa ad ogni passo, dove puoi inciampare o a tradimento cedere se fai conto di loro per reggerti. Detto questo, in aggiunta c’è da precisare che; il tutto è su costoni irti da capre, con continue pieghe ed avvallamenti del terreno, senza passabili tratti di viottole o sentieri, ma solo da brevi pezzi stile mulattiera. Bisogna tuttavia riconoscere che, in certi periodi e in determinate condizioni, i noccioleti ad alta quota sono posti formidabili per tartufi e beccacce.
I TARTUFI DEL GRANDE TOM
A fine estate in attesa del tartufo bianco, lo scorzone nero diviene il principe dei tartufi, lo scorzone ha un profumo delicato, non stucca ed è buonissimo grattugiato a scaglie sopra tagliatelle o tagliolini, basta essere generosi. Ottimo in frittata, si distingue per il suo profumo e sapore sopra ad una fetta di pane abbrustolito e intriso di buon brodo caldo uso crostino. Lo scorzone insieme al suo fratello il nero pregiato, questo dal profumo intenso e dal gusto più deciso, è una vera manna che non scende dal cielo ma che sale dal terreno, e se ci fai la bocca, ti ritrovi come con un vizio a non poterne fare a meno.
Mentre in bassa collina e nel piano i cercatori di tartufo passano giorni a racimolare poche decine di grammi di tartufo, Marco che in ogni cosa che fa non si accontenta mai del poco, o di quello che passa il convento, non ci sta. Fa instancabile, numerosi tentativi, dettati molto spesso dall’intuito e dalla costanza, ma soprattutto dal desiderio di emergere dalla normalità e dall’ ordinario andamento delle cose, gli altri si adeguano e si assoggettano, lui no! Se gli altri si accontentano di fare al massimo una decina di buche, per tartufi grossi come una nocciola, al mio amicone Marco non gli basta e si ribella. E …. preso cane e vanghetta si allontana chilometri dalla numerosa moltitudine dei soliti tartufai, andando ad alta quota a cercare fortuna. Il suo spirito d’avventura, il suo intuito, degno dei più consumati esploratori all’epoca dell’oro in America, dopo qualche tentativo lo premia, in un noccioleto trova in un paio di volte quasi due chilogrammi di tartufo, parte dei quali di nero pregiato.
Ma come accanto ad ogni grande uomo c’è una grande donna, così accanto ad un grande tartufaio c’è un grande cane. Tom, già a due mesi dava prova di grande olfatto, trovava i pezzetti di tartufo gettati a destra e a manca per la casa, e anche sotto il tappeto, non lasciandone a giro una sola briciola. Col tempo e la crescita nonostante sia ancora giovanissimo, l’olfatto gli si è talmente affinato che incredibilmente lo vedi partire deciso a testa alta, con quella sua andatura dinoccolata a penerone, con quell’espressione degli occhi distaccata di chi è superiormente dotato, e ti va a bucare ad una quarantina di metri, un tartufo a trenta centimetri sotto terra fra barbe e pietre, magari grosso come una noce. A proposito di barbe, se sente l’odore del tartufo e qualche barba osa intromettersi fra lui e il prezioso frutto della natura, come una belva gli si avventa e la strappa con i denti senza troppi complimenti.
Io appassionato utilizzatore e studioso del cane, Giudice ecc. ecc. non riesco a capacitarmi come faccia a sentire un sia pur profumato tartufo a così lunga distanza. Questo perché se un cane da caccia superiormente dotato di buon olfatto, può fermare una starna a quaranta metri aiutato dal vento, non riesco a capire come Tom possa sentire un tartufo grosso come una noce, a quaranta passi e a trenta centimetri sotto terra. Misteri della natura.
Nel breve tempo di un paio d’ore o poco più, in quel caldo ed afoso pomeriggio di fine estate, fra quelle balze irte e pietrose, Tom fa più di trenta buche trovandoci fra l’altro un bel tartufo di novanta grammi.
Naturalmente come i grandi geni anche Tom ha il suo caratterino particolare, gli piace oltre al tartufo molti altri odori, ad esempio quello delle canine in calore, e (di qualche altro animaletto), se c’è stato qualche concorrente di sesso maschile poi, si affretta a marcare il territorio allontanandosi e distraendosi dal lavoro. E ….. Marco ci si incazza come una belva e gli grida un monte di epiteti dietro dei più strani e coloriti, ma lui fa finta di nulla e fa come gli pare. Però quando poi finalmente torna, sapendo di aver fatto male e trovando il suo padrone incazzato nero, gli trova subito un tartufino o due, così da poter fare pace. E così anche Tom come tutti ha i suoi difetti, ma i tartufi che riesce a trovare Tom non ancora duenne, in tutto il Mugello non li trova nessuno. Marco da parte sua deve rassegnarsi; con l’età diverrà certamente più rispettoso del lavoro e del padrone, ma non dovrà mai scordarsi che il cane come tutte le persone più intelligenti è un sensuale ed un estroso. E poi, o che non lo sai caro Marco che; tira più un pelo di f … a, che una pariglia di buoi in salita?
LE REGINE DEL NOCCIOLETO
Se in alcuni posti un buon cane da beccacce deve possedere un buon numero di qualità venatorie superlative, cacciando negli estesi noccioleti dell’alto Appennino queste devono crescere sensibilmente di numero. In questi posti irti e scabrosi, dove il solo incedere con una certa speditezza non è facile, i cani grossi e corpulenti non sono certo gli ideali. Non sono nemmeno da impiegare soggetti troppo veloci e distratti, i primi perché molto spesso provocano rumori e frane durante la loro veloce cerca scomposta, i secondi perché in tali situazioni di luogo la Regina è molto facilitata nelle difese, per consentire ad un distratto di avvicinarsi.
Un buon cane per lavorare in modo corretto e con profitto in questi luoghi disagiati, deve possedere fisico da atleta e psiche da calcolatore, deve muoversi e lavorare con molta attenzione, spostandosi da una parte all’altra con estrema facilità, senza provocare troppo rumore. Deve possedere ottimi e solidi piedi con dita ben arcuate, con fini e morbide suole che possono reggere all’attrito delle rocce e delle scaglie di galestro. Ampio torace ben sviluppato nelle tre dimensioni che possa contenere capaci organi, come cuore e polmoni, se si aggiunge un baricentro piuttosto basso raggiungiamo il massimo desiderato. Setter Inglese quindi in prima linea, seguito a breve distanza dall’epagneul breton, bracco francese e Kurzhaar,( tanto per fare alcuni nomi di razze impiegate più comunemente), ottimo anche lo Springer Spaniel anche se quest’ultimo va considerato a parte essendo da cerca. Tutti devono discendere scrupolosamente da linee di sangue cacciatoresche, essendo indispensabile tanto mestiere e tanta intelligenza nel comportamento.
La Regina del noccioleto possiamo dire è molto facilitata nelle difese, potendo contare oltre che su un ottimo riparo teso sulla volta celeste, anche su di un terreno particolarmente idoneo alle sue esigenze. Le numerose barbe affioranti ostacolano l’avvicinarsi del nemico specialmente quello a due zampe, il terreno sdrucciolevole sempre ma particolarmente quando è bagnato, induce il cacciatore a guardare molto spesso più a terra che in aria. I rami dei numerosi polloni che nella loro eterna ricerca di un po’ di luce si allargano formando impedimento e tradimento se si pensa a quelli secchi, formano una barriera continua. Se in ultima analisi poi, si aggiunge che la pendenza è spesso proibitiva possiamo tirare le somme ed asserire che, ci troviamo a cacciare in un terreno particolarmente infido per la maggior parte formato da vere e proprie balze, le famose balze dell’Appennino.
Tornata dalla festa notturna fatta là nel grande spiaggione, passando con altre amiche la nottata spesa a rovistare fra il motriglio e le fatte di vacca, appena all’orizzonte il cielo da nero scuro tende al rosso grigio, la beccaccia saluta le compagne, e con volo ondulato torna verso la sua rimessa abituale posta nel grande noccioleto. Il volo della Regina all’alba tende ad essere molto più composto e lento, rispetto a quello che effettua al tramonto, è più calma e ben disposta specie se ha passato una tranquilla nottata a lombricale in buona compagnia. In genere atterra nei pressi di un corso d’acqua o di una semplice pozza per fare un po’ di toillet, poi si introduce sempre più nell’intrico del noccioleto, attraversando barbe affioranti e rami di nocciolo. La sua andatura goffa data dalle sue gambe piuttosto corte e forti, gli consente di muoversi con estrema facilità in questi posti per altri difficili ed infidi. La ricerca dei lunghi vermi di terra e di tutti gli altri animaletti è facilitata dal terreno sfarinato, che anche con basse temperature e pioggia mantiene una certa friabilità essendo ben drenato. Le numerose foglie cadute precocemente data l’arsura estiva sono già in un buono stato di decomposizione arricchendo il terreno di buon humus, favorendo l’insediamento e la propagazione in loco di numerosi animaletti di terra e lumachine. Le vie di fuga sono per la Regina del noccioleto praticamente infinite e ben protette, in questi posti la beccaccia a seconda dell’umore giornaliero tende , o a partire da lontano, o a portarsi cane e cacciatore dietro disegnando meandri dei più bizzarri, per poi arroccarsi in un posto particolarmente infido e folto, o improvvisamente partire per un’altra rimessa d’appoggio. A proposito di rimesse d’appoggio se la Regina del noccioleto è acquartierata da tempo in zona, può giocare veramente d’astuzia, ed allontanarsi una volta involata, anche di molte centinaia di metri dal noccioleto. E passare il resto della giornata lungo qualche striscia di bosco, o in qualche fitta macchia di cespugliato. In genere è una beccaccia introvabile per quel giorno, perché il cacciatore la ricercherà dentro il noccioleto, ed infine stanco ed arrembato, si allontanerà ritenendola una vera misteriosa maga nel sapersi nascondere. Il tiro alla beccaccia nel cuore del noccioleto in genere si presenta abbastanza ravvicinato, questo anche perché i tanti impedimenti non consentono tiri lunghi. In questi posti estremamente faticosi e pericolosi occorre usare fucili al massimo della leggerezza e della sicurezza, difficile poter tirare più di due colpi. Quindi vanno favoriti possedendoli la classica doppietta e il sovrapposto, ottimo il calibro 20. Nei posti più difficili potremmo tenere il fucile aperto appoggiato al palmo della mano, muovendoci in tutta sicurezza, e in un attimo chiuderlo per ogni eventuale necessità di tiro rapido. Quando ci si è presa la mano l’operazione diviene veloce e pratica, garantendoci un tale comportamento, di muoverci in completa sicurezza. Come calzatura è di rigore lo scarpone con tasselli antiscivolo, i pantaloni e la giacca devono essere delle più comode possibili. Con un corredo così, ma soprattutto con un cane dotato di qualità superlative, possiamo affrontare la superba Regina del noccioleto e … il divertimento è garantito, perché nessuna beccaccia è più degna di questo nome della Regina del noccioleto.
Testo di Alessandro Buzzi