Bergamo: Cinghiali -40% in un anno. E il Tar azzera le restrizioni ai cacciatori

di Donatella Tiraboschi

Il Comprensorio, secondo i giudici, si sarebbe arrogato un potere in contrasto con le norme

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Rimasta fortunatamente confinata in altre province lombarde, la temutissima peste suina africana ha finora risparmiato il territorio bergamasco. È in questa cornice di sollievo per l’economia agricola e tutta la filiera alimentare collegata, che si innesta un altro dato significativo: il numero dei cinghiali (responsabili della diffusione di questo flagello) non è trascurabile, ma in ribasso, di circa il 40% almeno, rispetto a un anno fa.
Difficile fare stime sulle migliaia di cinghiali diffusi in libertà sul territorio provinciale — dodici mesi fa si ipotizzava, sottostimata, la presenza di oltre 7 mila di questi ungulati —, più attendibile, invece, è il conteggio dei capi abbattuti: nel 2023, l’attività dei 360 cacciatori in braccata ne ha eliminati 1.100, mentre 1.500 esemplari hanno costituito il carnet dei cacciatori di selezione orobici (circa 160 in attività), che oggi esultano, per un doppio risultato: venatorio ed amministrativo. 

Il primo, che ribadiscono a chiare lettere, è come la caccia di selezione si sia «dimostrata il più valido strumento per il contenimento di questa specie animale nociva ed invasiva», commenta Adriano Perugini, capoarea dei cacciatori di selezione dell’area seriana. Si tratta di un sistema di caccia che, adottato con lo scopo preciso di regolamentare il numero degli animali, gode di una maggiore «libertà operativa» rispetto alla caccia collettiva. Ed è a questo aspetto che si collega l’altro motivo di soddisfazione dei cacciatori di selezione bergamaschi, o meglio di 73 di loro che nei mesi scorsi, «mettendo mano al portafoglio e ingaggiando un team di avvocati», continua Perugini, si è rivolto al Tar di Brescia «che ci ha dato ragione contro il Comprensorio Alpino di Caccia Prealpi Bergamasche».

La questione rimanda al marzo di un anno fa, quando il Comprensorio — «struttura associativa senza fini di lucro con scopi di programmazione dell’esercizio venatorio» — (che ieri non è stato possibile contattare) aveva emanato un regolamento in cui erano stati fissati criteri e metodi da applicare alla caccia di selezione in base al quale veniva stabilita tutta una serie di criteri a cui i cacciatori di selezione avrebbero dovuto attenersi: i periodi, gli orari, i modi, i luoghi, l’elenco delle specie cacciabili, il carniere giornaliero e stagionale. «Limitazioni alle quali, parzialmente, siamo riusciti a derogare con il supporto della Regione Lombardia», aggiunge Perugini, e che sono state cancellate da un colpo di spugna, dal momento che il Tar ha stabilito la nullità del regolamento varato dal Comprensorio, sulla maggior parte dei «paletti» venatori imposti. Secondo i firmatari del ricorso al supremo organo amministrativo, il Comprensorio si sarebbe «arrogato un potere legislativo e sanzionatorio assoluto, e persino sovraordinato ed in contrasto alle norme e delibere regionali. Il Comprensorio — concludono in una nota — si pone come unica nota stonata, in antitesi al coro globale del resto dei cittadini, che chiede il depopolamento del cinghiale».

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