Cervi, al via il piano di abbattimento nel Parco dello Stelvio: se ne potranno uccidere fino a 1.500 in cinque anni

Un centinaio di cacciatori potrà sparare agli ungulati all’interno dell’area protetta trentina. Dopo i primi due anni, in cui ne verranno abbattuti 360, si rivaluterà il piano alla luce del numero della popolazione

Immagine-2023-11-07-170951 Cervi, al via il piano di abbattimento nel Parco dello Stelvio: se ne potranno uccidere fino a 1.500 in cinque anni

di Tiziano Grottolo «Hai sentito uno sparo o visto un cacciatore dentro il parco? Non ti allarmare», parola del Parco nazionale dello Stelvio. A partire da oggi infatti, in quella che rappresenta una delle più antiche aree protette d’Italia (dal 1935) prenderà il via il cosiddetto «Piano di conservazione gestione del cervo 2022-2026» con l’obiettivo conclamato di ridurre il numero degli ungulati presenti. È la prima volta che un progetto simile viene attuato nella porzione trentina del parco nazionale che ricade anche nelle province di Bolzano, Brescia e Sondrio. Se normalmente all’interno delle aree protette l’uccisione di animali selvatici è interdetta per norma di legge, il Parco dello Stelvio trentino è stato diviso in due «aree di controllo» (una in val di Peio e l’altra in val di Rabbi) dove sarà possibile abbattere gli ungulati. Dopo una lunga fase di stallo il via libera della giunta provinciale era arrivato nel novembre 2022 con l’approvazione di una delibera presentata dal vicepresidente e assessore all’ambiente, Mario Tonina. L’obiettivo dichiarato (in accordo con il Parco dello Stelvio) è quello di «mitigare e ridurre gli squilibri ecologici» provocati dalla sovrabbondanza di questa specie.

I numeri

Lo scorso anno si stimava che nel solo distretto della val di Sole fossero presenti 2.900 cervi, di questi circa 1.600 si troverebbero nell’area protetta.
Secondo la Provincia di Trento l’elevata densità della specie causa una serie di problemi sia ad altri ungulati, come il camoscio e il capriolo, che alla flora del territorio. Stando a quanto riportato nella delibera i cervi sarebbero così tanti «modificare la composizione e la struttura del bosco» riducendo in questa maniera l’habitat dei tetraonidi come il gallo cedrone. In sostanza questi ungulati brucano buona parte delle gemme apicali delle piante, come l’abete rosso, che in questo modo crescono basse e a forma conica, senza sviluppare un tronco importante. Poi ci sono gli impatti sulle attività umane: nei mesi primaverili i cervi si alimentano sui prati da sfalcio causando ammanchi di fieno che arrivano fino al 30%. Infine come già anticipato i fenomeni di competizione con il camoscio e il capriolo hanno visto una significativa riduzione di queste specie a favore del cervo. Per raggiungere questi obiettivi, in via sperimentale per il primo biennio, con l’avvallo dell’Ispra è stato stabilito l’abbattimento di 180 cervi all’anno.

Tre e euro e mezzo al chilo

Per il triennio successivo si procederà con l’abbattimenti di 400 capi all’anno, fino al mantenimento all’interno dei confini dell’area protetta di una popolazione composta da circa 900 esemplari. In realtà il piano di abbattimenti, che si avvale della collaborazione dell’Associazione cacciatori trentini, sarebbe già dovuto partire nel 2022: ma la mancata individuazione di un Centro di raccolta e del Centro di lavorazione della selvaggina di fatto avevano posticipato l’avvio del progetto. Questo perché i capi abbattuti saranno venduti direttamente dal parco. Sulla delibera sono già state fissate le tariffe tenendo conto che ogni cacciatore (che avrà diritto pure a un rimborso chilometrico) potrà esercitare il diritto di prelazione su due terzi dei capi abbattuti: il prezzo parte da 3,5 euro al chilogrammo con uno sconto per chi avrà effettuato il prelievo di una serie di organi che serviranno al parco per i campionamenti biometrici.

Lascia un commento