La terza vittima borghigiana del coronavirus è Renzo Matteucci, la sua passione più grande, l’attività venatoria

BORGO SAN LORENZO – La terza vittima borghigiana del coronavirus è Renzo Matteucci, persona conosciuta, già fattore delle Pergole, padre di Cristina e Giacomo, funzionario dell’Unione Agricoltori ed ex-Provveditore della Misericordia di Borgo San Lorenzo. Aveva 87 anni, ed era ricoverato da alcuni giorni all’ospedale del Mugello. Renzo Matteucci (il Fattore delle Pergole) nasce a San Miniato nel 1933. Suo padre è un guardiacaccia, sua madre una sarta. Vive l’infanzia nella Fattoria di Poggio Capponi a Montespertoli, ove la famiglia risiede nel luogo di lavoro del padre, e fino dalla tenera età si forma la passione venatoria ed agricola. La sua passione: la bicicletta. Studia in Collegio, a Castelletti, la scuola degli agenti agrari, e inizia la formazione lavorativa come sottofattore a Sommaia, dal Martini Bernardi. Ma a causa delle mire amorose nutrite da un altro sottofattore dello stesso Martini Bernardi in un’altra fattoria, quella di Rabatta, per una ragazza di Borgo, poiché questa cosa “non stava bene”, vengono ad essere scambiati i luoghi di lavoro fra i due.

Quindi Renzo va a Rabatta e l’altro a Sommaia. Forse sarà la condivisa passione venatoria con il Martini Bernardi, compagno di caccia al lago di Rabatta, che si tralascia che Renzo si fidanzi non con una Borghigiana ma addirittura con una ragazza dei poderi della Fattoria, Rosina, con cui si sposa. Diventa Fattore dal Romanelli, alle Pergole, negli anni ’60, ove ha lavorato fino alla pensione.

La sua passione più grande, l’attività venatoria, in particolare quella del lago, condivisa con gli amici dell’epoca con cui sparava al piattello (il Lapucci, il Nena, il Buti) non lo ha portato solo ad essere un cacciatore ma anche impegnato a vario livello in una associazione venatoria, essendo uno dei contestatori nel 1992 dell’attuale legge, che già allora riteneva non confacente alle esigenze dell’intera collettività. Impegnato anche nel volontariato, ha svolto servizi  sociali nella Confraternita di Misericordia fino a quando il fisico glielo ha consentito. Lo scorso anno la rottura del femore lo ha costretto a cambiare abitudini ed a stabilirsi in una abitazione priva di barriere, a Luco, ove in tantissimi lo ricorderanno nel vederlo girare con il suo cappellino e “carretto” deambulatore, intrattenendosi con chiunque per scambiare due parole. Sempre disponibile per le necessità del mondo venatorio e particolarmente combattivo, non è riuscito a superare la sfida del nostro tempo, andandosene in silenzio, da solo, verso la Luce del giorno di Pasqua.

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