Procedura d’infrazione: cacciatori scrivono a Commissione europea
La cabina di regia del mondo venatorio ha scritto alla Commissione europea per contestare la richiesta delle associazioni ambientaliste sull’apertura d’una procedura d’infrazione.
Articolo – Non sono contestabili né i calendari venatori, né i piani di gestione delle specie in sofferenza, né il piano antibracconaggio, né la circolare sull’impiego del piombo nelle zone umide: la richiesta d’aprire contro l’Italia una procedura d’infrazione per la violazione della direttiva Uccelli nasce dunque soltanto dalle «posizioni meramente ideologiche di chi ha come unico obiettivo non la tutela di fauna e ambiente, ma soltanto la scomparsa della caccia». Inizia così la lettera che la cabina di regia del mondo venatorio (Federcaccia, Enalcaccia, Anuu migratoristi, Libera caccia, Italcaccia e Cncn; non però l’Arcicaccia) ha inviato alla Commissione europea e al governo Meloni dopo la mossa di Lipu, Enpa, Lac, Lav, Legambiente e Wwf.
Per le associazioni venatorie la controversia sui calendari si sarebbe potuta evitare se quello che allora si chiamava ministero della Transizione ecologica e l’Ispra avessero condiviso la procedura di revisione dei key concept con i soggetti interessati; per alcune specie (tordo sassello e bottaccio, cesena, alzavola e beccaccia, per le quali i key concept fissano l’avvio della migrazione tra la prima e la seconda decade di gennaio) si riscontrano infatti difformità rispetto agli altri Stati interessati dalle medesime rotte migratorie. La normativa europea consente comunque di derogare ai key concept in presenza di studi a supporto; «nessuna Regione italiana ha dunque autorizzato la caccia durante la migrazione prenuziale», considerato che sfruttando la cosiddetta decade di sovrapposizione la caccia può chiudere a fine gennaio anche per canapiglia, codone, folaga e gallinella d’acqua.
Critiche pretestuose
È sbagliato inoltre affermare che i piani di gestione di allodola, coturnice e tortora non funzionino o addirittura non siano applicati; lo dimostrano la riduzione del prelievo (per la tortora addirittura il 70% in meno rispetto agli anni precedenti) e l’efficacia del sistema di raccolta dei dati. Alla stesura dei piani hanno comunque partecipato anche le associazioni ambientaliste, che le eventuali obiezioni avrebbero potuto sollevarle in quella sede.
Come i piani di gestione, anche il piano antibracconaggio è applicato; sono infatti aumentate le operazioni dei carabinieri forestali, sezione Soarda, nelle aree identificate come black spot (su tutte colline bresciane e bergamasche; Pianura padana nel corso della migrazione dell’allodola; delta del Po; laguna di Venezia; Casertano)
Per le associazioni venatorie sono infine pretestuose anche le critiche alla circolare sull’impiego del piombo nelle zone umide; non s’è fatto altro che escludere gli allagamenti effimeri «secondo quanto già disposto dal Tribunale europeo». Non si comprende dunque come il governo Meloni avrebbe «fortemente ridotto la portata del divieto con un’errata definizione delle zone umide».