Allarme cinghiali, in Puglia 2 morti nel 2022: arriva protocollo salva biodiversità
Con l’aumento degli indicenti stradali per l’invasione di animali selvatici come i cinghiali in città e campagne, oltre a danni alle coltivazioni e rischi sanitari per gli allevamenti
Articolo – Sono stati 2 i morti in Puglia nel 2022 con l’aumento degli indicenti stradali per l’invasione di animali selvatici come i cinghiali in città e campagne, oltre a danni alle coltivazioni e rischi sanitari per gli allevamenti. E’ quanto emerge dall’elaborazione di Coldiretti Puglia su dati Asaps, diffusa in occasione del vertice a Roma a Palazzo Rospigliosi tra il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, il presidente di Fondazione Una Maurizio Zipponi, e il presidente dell’associazione Agrivenatoria Biodiversitalia Niccolò Sacchetti, per affrontare una delle peggiori minacce alla sicurezza delle famiglie, all’ecosistema, alla biodiversità e alla sovranità alimentare nazionale.
Una situazione peggiorata con la siccità che – spiega Coldiretti – fa seccare i raccolti e asciuga i torrenti spingendo i branchi sempre più verso i centri urbani e i litorali a caccia di cibo e di acqua. Peraltro i bassi livelli dei fiumi permettono agli animali di attraversarli con più facilità aumentandone le possibilità di spostarsi da un territorio all’altro, tanto che i cinghiali sono capaci di percorrere fino a 40 chilometri alla volta.
I branchi – sottolinea Coldiretti – si spingono sempre più vicini ad abitazioni e scuole, fino ai parchi, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assediano stalle, causano incidenti stradali con morti e feriti e razzolano tra i rifiuti con evidenti rischi per la salute. Con la presenza di 2,3 milioni di cinghiali stimati dalla Coldiretti sull’intero territorio nazionale la situazione è ormai insostenibile in città e campagne con danni incalcolabili alle produzioni agricole ma – continua Coldiretti – ma anche all’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale senza dimenticare i rischi per gli allevamenti e il Made in Italy a tavola con la diffusione della peste africana.
Per questo è stato firmato il protocollo per la qualificazione dell’attività faunistico-venatoria che si propone l’obiettivo di tutelare la biodiversità con la gestione della raccolta dei frutti spontanei come funghi e tartufi, lo sviluppo della filiera delle carni di selvaggina, la promozione del turismo, da difesa dagli incendi e il riconoscimento delle attività faunistico-venatorie al pari delle attività agricole ai fini del mantenimento degli ecosistemi, della fauna e della flora selvatiche e dei servizi offerti con i piani di prelievo autorizzati, attraverso proposte di aggiornamento delle normative che regolano il settore per agire in maniera coordinata sulle cause che stanno portando alla riduzione della biodiversità che caratterizza il nostro paese e alla ridotta produttività delle attività agricolo-faunistiche.
In questa direzione il Dipartimento dei Vigili del Fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile e AB Agrivenatoria Biodiversitalia (AB), hanno avviato una serie di interlocuzioni per una collaborazione che prevederà, tra l’altro, una sinergica attività di funzioni rivolte agli imprenditori agricoli in tema di sicurezza ambientale e sviluppo delle più innovative tecniche per la protezione dal rischio incendi.
Durante l’evento, il presidente di AB, Niccolò Sacchetti ha infatti esposto al Ministro le cinque tematiche, approfondite successivamente nel documento di lavoro e dagli altri presidenti, riguardanti le questioni cruciali per la sopravvivenza del settore agricolo-faunistico, come:
La qualificazione dell’attività faunistico-venatoria in coerenza con l’ordinamento europeo, attraverso il riconoscimento delle attività faunistico-venatorie al pari delle attività agricole ai fini del mantenimento degli ecosistemi, della fauna e della flora selvatiche e dei servizi offerti con i piani di prelievo autorizzati.
La gestione della raccolta dei frutti spontanei (tartufi, funghi ecc) all’interno delle aziende faunistiche, attraverso l’attribuzione ai titolari di queste ultime dei diritti e degli obblighi di gestione, cura e controllo imposti dalla normativa ad un imprenditore agricolo.
La creazione di una normativa nazionale per la filiera delle carni di selvaggina, al fine di tutelare, sia da un punto di vista commerciale che gastronomico, il ruolo di rilievo e di rappresentatività del forte legame che queste carni hanno con le tradizioni alimentari regionali e nazionali oltre a creare economia e generare lavoro, soprattutto nelle aree interne del Paese.
Favorire la fruizione dei servizi offerti dagli istituti faunistici anche attraverso lo sviluppo del turismo in molte regioni italiane.
La necessità di predisporre l’automatismo dei rinnovi delle concessioni per i titolari delle aziende del settore al fine di garantire continuità operativa.
Le aziende faunistiche sono una componente strategica per tutelare la biodiversità dei territori creando al tempo stesso opportunità di sviluppo e di reddito all’interno delle filiere e contribuendo a controllare l’espansione incontrollata della fauna selvatica che tanti danni causa all’ambiente e all’uomo, commenta Coldiretti nel sottolineare che se nelle città molti abitanti sono costretti a vivere nella paura, nelle campagne la presenza dei cinghiali ha già causato l’abbandono di 800mila ettari di terreni fertili che oggi, oltre a non essere più produttivi, sono esposti all`erosione e al dissesto idrogeologico. Senza dimenticare che – aggiunge Coldiretti – è a rischio anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale.
La maggioranza dei cittadini considera l’eccessiva presenza degli animali selvatici una vera e propria emergenza nazionale che incide sulla sicurezza delle persone oltre che sull’economia e sul lavoro, specie nelle zone più svantaggiate, denuncia Coldiretti nel sottolineare l’esigenza di interventi mirati e su larga scala per ridurre la minaccia dei cinghiali a livello nazionale. Gli abbattimenti dei cinghiali – conclude Coldiretti – si verificano per la quasi totalità (94%) in aree pubbliche e il resto in riserve di caccia private e per la maggior parte (60%) si tratta di animali di grossa taglia, secondo gli ultimi dati Ispra relativi al periodo 2015-2021.