«Cani sventrati dai cinghiali, perché non andate a pescare?»: polemica tra cacciatori e veterinario sardo
Briguglio, della nota clinica Duemari: «Così ogni domenica, che gusto c’è?». La replica del presidente dell’associazione venatoria: «Gli animali sono parte della famiglia»
Articolo – «Qualcuno è in grado di spiegarmi che gusto provano a farsi sbudellare i cani ogni domenica?»: parole dettate dallo sconforto di chi ha appena finito di ricucire la pancia di un animale sventrato da un cinghiale, quelle di Paolo Briguglio, direttore sanitario della notissima clinica veterinaria Duemari di Oristano.
Le ha scritte (assieme alla “battuta” finale sui cacciatori: “Perché non vanno a pescare?”) in un gruppo Facebook del quale fanno parte solo colleghi iscritti all’albo, che dovrebbe essere privato. Ma i partecipanti sono quasi tredicimila. E qualcuno ha portato all’esterno il suo pensiero. Arrivato, attraverso uno screenshot, a Marco Efisio Pisanu, che presiede l’associazione venatoria “Caccia, Pesca e tradizioni Sardegna”. E non ha preso bene quelle dichiarazioni. Così poco da inviare una mail all’ordine dei veterinari, segnalando la dichiarazione di Briguglio.
«Spiace», scrive rivolgendosi al medico degli animali, «vedere questa acredine nei nostri confronti, anche perché tanti di noi si rivolgono alla sua clinica per a salvare gli animali, senza badare a spese. Per i cacciatori i cani fanno parte della famiglia. E noi partecipiamo a piani di sorveglianza per il monitoraggio delle zoonosi», aggiunge Pisanu. E quanto al consiglio di andare a pesca «vale anche per chi fa il proprio lavoro con pregiudizi».
Il confronto tra i due è proseguito sui social. E ha amareggiato il veterinario: «Perché non andate a pescare? L’avevo appena chiesto a un cacciatore che poco prima mi aveva portato il cane che era stato attaccato da un cinghiale durante una battuta», spiega, «e non voleva essere per niente un attacco, ma una battuta». Che poi è stata riportata sui social: «Qualcuno ha voluto montare una polemica contro di me», aggiunge, «quello è un gruppo privato di veterinari, ciò che scriviamo dovrebbe restare tra noi». Ma ormai il suo pensiero è diventato di dominio pubblico: «Tanti cacciatori si rivolgono alla nostra clinica. Io curo gli animali, e quel giorno, come altri, sono stati portati tanti cani feriti in campagna. Per questo, e solo per questo, ho detto e scritto quelle parole». Perché di sangue ne aveva visto tanto.