La Cassazione sull’omessa custodia delle armi antiche
Articolo – Con sentenza n. 43391 dell’11 ottobre 2022, la Prima sezione penale della Cassazione ha fissato un importante precedente in merito agli obblighi di custodia per le armi antiche.
All’imputato era stata contestata la violazione degli articoli 20 della legge 110/75, per aver “conservato otto armi storiche all’interno della propria abitazione di (omissis), appese ad una parete di casa ed appoggiate ad una panca, accessibili anche alla coniuge convivente e ad ogni ospite dell’abitazione, in violazione delle prescrizioni dettate dal provvedimento amministrativo del 14 marzo 2018, che imponeva l’obbligo di riporle in un armadio metallico o in mobile dotato di vetrina antisfondamento e disponeva che le chiavi fossero detenute esclusivamente dal titolare della licenza”.
Era seguita sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto (con confisca delle armi), alla quale il ricorrente si è opposto in Cassazione.
La corte ha accolto il ricorso, dichiarando che “Questa Corte ha costantemente insegnato, in tema di armi antiche, che non è qualificabile come arma comune da sparo, ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 110 del 1975, quella ad avancarica o comunque fabbricata anteriormente al 1890, atteso il disposto di cui all’art. 10, settimo comma, della medesima legge, sicché la sua detenzione, senza farne denuncia all’autorità ai sensi degli artt. 38 e 39 Tulps, integra la contravvenzione prevista dall’art. 697 cod. pen. e non la fattispecie delittuosa di cui all’art. 2 legge n. 110 del 1975 (da ultimo, Sez. 1, n. 39787 del 20/04/2015, Rv. 264650).
Le armi antiche, così come individuate dall’art. 10, comma 7, legge n. 110 del 1975, non rientrano tra quelle contemplate dagli artt. 1 e 2 della legge 110 del 1975. Nel caso di specie, le armi erano sicuramente antiche – secondo la nozione normativa – in quanto quella più recente risaliva al 1860.
Tale conclusione rende automaticamente inapplicabile l’art. 20 legge n. 110 del 1975 che, come recita il primo comma, attiene alla custodia delle armi “di cui agli articoli 1 e 2”.
Né il riferimento all’art. 20 della legge n. 110 del 1975 operato dall’art. 10 del DM 14/4/1982 (“Le armi raccolte in collezione devono essere custodite in idonei locali. Il titolare deve adottare e mantenere efficienti difese antifurto secondo le modalità che, ai sensi dell’art. 20 della legge 18 aprile 1975, n. 110, saranno prescritte dall’autorità di pubblica sicurezza all’atto del rilascio della licenza …”) può rendere applicabile la norma penale: si tratta di norma regolamentare, quindi subordinata, nella gerarchia delle fonti, a quella di legge.
La norma regolamentare, piuttosto, deve essere interpretata nel senso che l’autorità di pubblica sicurezza, nel concedere la licenza per la detenzione delle armi antiche, stabilisce prescrizioni per la loro custodia con le medesime modalità previste per le armi comuni da sparo, senza che, tuttavia, la sanzione alla violazione di tali prescrizioni sia la medesima.
Del resto, il principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamato dimostra che, benché l’obbligo di denuncia sussista sia per le armi comuni da sparo che per le armi antiche, la sanzione alla relativa violazione è differente: quella prevista dall’art. 2 legge 895 del 1967 per le armi comuni da sparo, quella dell’art. 697 cod. pen. per le armi antiche. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste”.